A casa o in Rsa, che difficile scelta…

Le Rsa sono una scelta alternativa alla casa, ma non possono essere l’unica alternativa alle difficoltà domestiche

Negli anni scorsi si è sostenuto a lungo che la scelta ideale per una famiglia sarebbe quella di mantenere un anziano più possibile dentro la propria casa. Ma è ancora vero oppure oggi in certe RSA l’anziano può vivere meglio, anche per i supporti medici e gli stimoli che ne ricava? Che ne pensa, dottore?

E’ difficile rispondere a domande che interessano la vita e il vissuto di ognuno, diversi per nascita (famiglia) e ambiente. Propongo alla lettrice due esempi a me familiari.

Anna, 85 anni, viveva da sola con difficoltà sempre maggiori anche legate a frequenti cadute mentre era sola in casa e aveva problemi legati ad un recente infarto del cuore. Il suo appartamento era al 3° piano senza ascensore, i figli erano sempre premurosi e vicini a lei quando potevano. Anna ha scelto di andare in RSA per evitare rischi domiciliari e per non essere di peso ai suoi. In RSA è accudita, molto contenta perché ha trovato nuove amicizie e può continuare a vivere tranquillamente come desiderava.

Giuseppe, 70 anni, operato al cervello d’urgenza e riabilitato per più di un anno in conseguenza della difficoltà nel camminare, mangiare e respirare. Giuseppe è lucido, parla con difficoltà per la tracheostomia e si alimenta con un tubicino nello stomaco in quanto non è più in grado di deglutire. La moglie, più vecchia di lui, vive ancora nel loro appartamento con una badante per una demenza che le impedisce l’autonomia. Giuseppe per mancanza di spazio nella sua casa e di un’assistenza adeguata è andato in RSA. Malvolentieri e sempre in attesa di tornare nella propria casa, anche se capisce le grandi difficoltà che potrebbero esserci. Si lamenta che non lo fanno camminare sufficientemente e lo lasciano a letto. Non può usare internet. Viene messo a letto, anche d’estate, nel tardo pomeriggio.

Possiamo dire con certezza che la propria casa non è solo la “mia casa”, ma sono io con le mie idee, il mio cuore. La mia casa sono io. Assume quindi un significato profondo e personale; essa diventa un tutt’uno con me. Partiamo da questo presupposto in particolare per gli anziani. Possiamo affermare con molta cognizione che una buona domiciliarità contribuisce ad una vita tranquilla e serena. Allontana il precipitare di perdite di autonomie. E’ il luogo dove la persona incontra persone e cose a lei care perciò sta bene, sente di essere a proprio agio e per il paziente con demenza, se accudito, essa rappresenta la protezione da stress e da confusione. La casa tuttavia deve essere sicura ed amica anche quando si è soli o quando le cose si complicano. Ma la casa può diventare addirittura un luogo ostile, una prigione perché c’è solo un dentro e non un fuori o perché la sicurezza non c’è più, quando si riduce l’autonomia. La casa può non essere il luogo adatto per continuare a vivere e allora l’alternativa potrebbe essere l’RSA.

Da decenni è cominciato un profondo ripensamento organizzativo delle RSA di fronte ai nuovi bisogni. Le RSA sono una risposta significativa per i bisogni di chi ha perso per le condizioni di salute e di sostegno la possibilità di rimanere a casa. Si stanno anche specializzando nella gestione della malattia cronica e degenerativa.

Proprio per questo ci devono essere operatori preparati con una predisposizione alla salvaguardia della perdita dell’autonomia, predisposizione che significa passione e cuore che vadano oltre gli ostacoli quotidiani. Utile conoscere le RSA a cui ci si rivolge, valutando che i servizi siano calibrati sulle condizioni dell’ospite con i modelli assistenziali, compresi gli orari, specifici o generali, ed è bene aspirare ad un servizio adeguato alle condizioni dell’ospite, con elasticità e duttilità. Il servizio non può essere neutrale rispetto all’uso del tempo dell’ospite. La solitudine e l’abbandono e ancor peggio le contenzioni (le cronache italiane recenti ne sono ricche) rappresentano un danno per le cure. Si devono misurare i risultati e la qualità dell’assistenza. Certamente alcuni aspetti sanitari possono mettere in crisi i servizi delle RSA e creare conflitti con i familiari, proprio per questo è necessario spingere sulla preparazione e sulle capacità relazionali degli operatori che spesso non sono compensati in maniera proporzionata all’impegno profuso.

Infine le RSA sono una scelta alternativa alla casa, ma non possono essere l’unica alternativa alle difficoltà domestiche. Nell’ottica che la cosa migliore sia il proprio domicilio, sarebbe meglio dimostrare molto e molto di più la volontà di sostenere la vita tra le proprie mura. Sostegno fatto di servizi e operatori. Sono necessari apporti e contributi, interventi di diverse professioni e discipline, una rete di servizi e di sostegno, l’apporto delle risorse della comunità. Questa assistenza domiciliare è sicuramente un processo complesso, ma dovrebbe essere sostenuto e perseguito. Il nuovo welfare dovrebbe essere più coraggioso per il diritto prioritario dell’assistenza a domicilio rispetto ad altre proposte che il sistema può mettere in campo.

*gerontologo e geriatra

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