Come capire se un calo di memoria è legato a una fase nascente della malattia di Alzheimer piuttosto che ad un normale invecchiamento?
Si parla tanto di Alzheimer e mi pare si stia diffondendo una specie di fobia. Come posso capire se un calo di memoria o qualche altro sintomo è legato ad una fase nascente della malattia?
Un bellissimo ed utile libro sulla demenza inizia così: ”Da un paio d’anni Maria si era accorta che la sua memoria stava peggiorando. In principio aveva avuto dei problemi a ricordarsi i nomi dei figli dei suoi amici, poi aveva dimenticato la conserva di fragole che aveva preparato; aveva cercato di rimediare prendendo appunti. Dopotutto, pensava, stava invecchiando. Ma a volte si sorprendeva a cercare inutilmente una parola che aveva sempre saputo, e allora temeva veramente che fosse già iniziato per lei un inesorabile decadimento mentale. Di recente, mentre conversava con un gruppo di amici, si era resa conto di aver dimenticato ben più di qualche nome: aveva perso completamente il filo del discorso. Aveva cercato allora di rimediare dando sempre risposte della cui adeguatezza si sentisse sicura, anche se dentro di sé si sentiva confusa. Nessuno se ne era accorto, a parte sua nuora”. (Nancy L. Mace e Peter V. Rabins)
Certo, in genere il più precoce ed evidente sintomo dell'Alzheimer è una perdita di memoria: i familiari si lamentano che la persona domandi o ripeta spesso le stesse cose. Ma come si può capire se un calo di memoria o qualche altro sintomo sia legato ad una fase nascente della malattia piuttosto che ad un normale invecchiamento? Farò alcuni esempi perché è importante che un disturbo di memoria non venga confuso come un generico segno di invecchiamento.
L’esordio è generalmente caratterizzato da sintomi lievi, che tendono a passare inosservati. Molti di questi segni precoci possono essere considerati “normali”, ma soltanto se si verificano come fatti occasionali e non contrastano con il precedente comportamento o con il carattere stesso della persona. Il malato di Alzheimer manifesta qualche difficoltà a ricordare, soprattutto gli avvenimenti più recenti. Dimentica il gas acceso, può dimenticare di chiudere la porta di casa a chiave. Si può dimenticare appuntamenti, nomi o numeri di telefono. Chi è malato però tende ad avere più disturbi e, a differenza delle persone sane, non riesce a ricordare quelle informazioni nemmeno dopo essersi sforzato di farle tornare in mente o dopo che è trascorso un po’ di tempo. Se si lasciano gli oggetti in giro, è normale provare a ripercorrere i propri passi per ritrovarli. Ma la persona malata non è in grado di ricordarsi il percorso da fare. In alcuni casi tende ad incolpare gli altri delle proprie dimenticanze e diventa irritabile. Una persona malata può cominciare a trovare difficoltoso eseguire anche le normali attività quotidiane. Può, per esempio, scordare come preparare la colazione o usare un elettrodomestico, oppure dimenticare i propri passatempi. È normale per tutti avere dei momenti di umore depresso, ma ai malati di Alzheimer può succedere di passare dalla quiete alla rabbia, alla tristezza senza una chiara ragione. Controllare entrate e uscite del proprio conto bancario può essere problematico per tutti. Il malato di Alzheimer ha problemi maggiori: può arrivare a non capire cosa i numeri rappresentino e perdere la capacità di svolgere qualsiasi calcolo aritmetico. Sono alcuni esempi per sottolineare come la malattia di Alzheimer non sia soltanto un disturbo della memoria. Accanto ai sintomi cognitivi, i sintomi iniziali possono essere anche non usuali ma ciò che caratterizza il quadro è che c’è un persistente cambiamento di alcune funzioni, che complica lo svolgimento delle attività quotidiane.
La famiglia spesso non si accorge di nulla, dicevo. Il medico di famiglia ha le sue responsabilità nel ritardo della diagnosi, ma la famiglia non dovrebbe nascondere le informazioni o preoccupazioni. Purtroppo anche oggi la parola Alzheimer ha la stessa valenza che aveva la parola cancro vent’anni fa. Adesso si parla di “demenza senile”, un termine che, talvolta, imbrogliando le carte, anche noi medici usiamo, proprio perché la parola Alzheimer fa paura.
Una buona conoscenza della malattia aiuta invece a fugare preoccupazioni e paure inutili e a programmare l’assistenza. Una diagnosi precoce permette un rapporto più sereno tra la famiglia, il responsabile dell’assistenza (caregiver) e la persona malata. Se si conosce l’origine dei comportamenti indotti dalla malattia, si adotta un atteggiamento di maggiore tolleranza e comprensione, sia verso i segni di perdita di memoria, che verso i comportamenti provocati dalle alterazioni psicologiche e psichiatriche.
Ma soprattutto la comunicazione della diagnosi permette all’ammalato, in collaborazione con la sua famiglia, di adottare decisioni personali importanti sul piano economico, organizzativo, lavorativo, talvolta anche affettivo. Questo è un aspetto fondamentale che deve essere tenuto presente anche a fronte di mancate soluzioni farmacologiche immediate.
*gerontologo e geriatra
Scrivete a: anta@vitatrentina.it
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