Siamo nel Giubileo della misericordia e Papa Francesco ha impostato molta parte del suo pontificato su questo tema. Personalmente trovo questa insistenza davvero necessaria proprio in questo contesto storico in cui prevalgono conflitti, violenze, inquietudini. Tutti abbiamo bisogno di misericordia. Tuttavia mi sorge un dubbio. Un tempo la Chiesa parlava quasi sempre di "peccato" e quindi del bisogno di perdono. Ora questa impostazione è venuta meno. La cultura dominante poi tende a "decolpevolizzare" l'individuo, che in fin dei conti sembra avere sempre ragione, non avere mai nessuna colpa. Per che cosa allora bisogna "chiedere perdono"? Oppure la misericordia ha un significato più profondo?
Valeria
La tua domanda avrebbe bisogno di una riflessione molto ampia, in quanto riguarda il nucleo essenziale del cristianesimo e, se vogliamo, dell’intero messaggio biblico. Dio ha stretto un’alleanza con il popolo di Israele: un patto stabilito intorno a precise regole etiche e religiose che si trovano condensate nei cosiddetti “10 comandamenti” (chiamati dagli ebrei “le 10 Parole). Sin da subito però assistiamo al susseguirsi di trasgressione, colpa, perdono, riconciliazione e poi ancora peccato, punizione, misericordia, nuovo inizio. Bisognava assolutamente cercare la remissione dei peccati, non tanto per “placare” l’ira di Dio, quanto per ristabilire quell’alleanza di vita e di bene che stava al fondamento stesso dell’esistenza del popolo. La giustizia di Dio non si disgiungeva allora dalla giustizia tra gli uomini: senza Dio tutto precipita. Il male (anche quello derivato da cause che oggi definiremo come “naturali”, una malattia, una calamità) veniva quasi sempre connesso a una colpa. Dio comminava una punizione per un qualche tipo di trasgressione; lo faceva per riportare sulla “retta via” gli uomini riottosi.
Tutta la storia però veniva letta in questo modo: la cacciata di Adamo e Eva dal Giardino di Eden; il diluvio; l’episodio della Torre di Babele. Erano questi racconti che volevano riferirsi a tutto il genere umano, non solo a Israele. Esiste una volontà di Dio di stringere un’alleanza con il mondo, ma, ahimè, essa è rifiutata; quindi scatta la punizione. Se interpretiamo in maniera corretta questi episodi mitici, se cioè vogliamo capire il messaggio della Bibbia constatiamo che viene narrata una “rottura” con il piano stabilito da Dio, una “catastrofe” dagli esiti nefasti. Questa riflessione tendeva a “colpevolizzare” l’uomo, reo di aver utilizzato male la propria libertà.
Nella Bibbia stessa però assistiamo a un cambiamento di prospettiva che trova il suo emblema nella figura di Giobbe, l’uomo giusto e timorato di Dio, eppure colpito dalla sventura. Giobbe non ha colpa, è innocente, quindi il male di cui soffre non deriva dal peccato. La parallela riflessione dei profeti, penso soprattutto a Geremia ed Ezechiele, poneva l’accento sulla sofferenza del giusto che accompagna il popolo nell’esilio, e sulla responsabilità individuale. Dopo secoli di dure prove per Israele si giunge all’idea che il popolo soffre non solo per il proprio peccato- ma pure per testimonianza di fedeltà alla religione dei Padri. Dio allora è misericordia, soffre anch’Egli, perdona gratuitamente. Gesù accentua questo messaggio, portando il lieto annuncio della riconciliazione: Dio non è il giudice vendicatore di cui bisogna avere paura, ma il buon Samaritano che si ferma per curare le ferite, il Padre misericordioso che festeggia per il ritorno del figlio; è Gesù stesso che perdona e salva i peccatori. La riconciliazione non è dunque soltanto la remissione dei peccati, ma implica una nuova vita, una liberazione dal male, un nuovo modo di guardare il mondo. Anche questo è il Regno di Dio.
Purtroppo nel corso dei secoli la Chiesa ha accentuato troppo il concetto di peccato, finendo poi per creare un elenco interminabile di possibili trasgressioni, una casistica del tutto simile a quella dei farisei esecrati da Gesù. Dio era sempre più terribile, giudice implacabile, quasi felice di condannare all’inferno. Poi, in questi ultimi decenni questo “sistema” è crollato: l’idea di peccato svanita, perché tutti hanno ragione. Inorridiamo di fronte al male, ma sappiamo con certezza che non è mai colpa nostra.
Per questo, come dici tu, Papa Francesco fa benissimo a parlare di misericordia cogliendone la portata essenziale ed esistenziale per la fede: la misericordia non è un’amnistia generalizzata, ma è guardare il mondo con gli occhi di Cristo. Forse facendo così possiamo riscoprire di essere peccatori e di aver bisogno del perdono degli altri uomini e soprattutto di riconciliarci con Dio.
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