Ecumenismo dal basso

Oggi le varie confessioni cristiane sono chiamate non solo ad appianare le incomprensioni, ma a camminare insieme

Ha destato molto scalpore, ma anche quasi unanime approvazione, la Messa che don Lino Zatelli, parroco di San Carlo a Trento, ha voluto “concelebrare” con la pastora battista Lidia Maggi, al termine di alcuni mesi di incontri e di approfondimento biblico. In questo caso si è parlato di ecumenismo dal basso, in cui le comunità e i semplici fedeli delle diverse condizioni trovano il modo – e il tempo – di mettere da parte le differenze, ponendosi come fratelli davanti all’unico Signore, che certo non guarda se qualcuno porta la casula o la toga. Il sacerdote cattolico con il pastore protestante, anzi con “la” pastore, donna, non consacrata. Che bello vedere le fotografie di una unione vera, concreta, intorno all’altare con una grande partecipazione di credenti accorsi, forse incuriositi, sicuramente felici di quel momento di un’unità piena. La stessa fede, gli stessi desideri spirituali uniscono quegli uomini e donne di buona volontà che, con errori e cadute, hanno scelto di incamminarsi sulla strada di Cristo. Per arrivare alla meta ci possono essere sentieri diversi, a volte paralleli, a volte convergenti. Purtroppo oggi camminiamo su strade quasi sempre divergenti. Ma quei sentieri divergenti non riescono a condurre a Cristo. Oggi le varie confessioni cristiane sono chiamate non solo ad appianare le incomprensioni (quanto è difficile fare soltanto questo!), riuscendo magari a non divorarsi a vicenda, come scrive San Paolo ai Galati: devono camminare insieme, sostando insieme a quei crocicchi appunto segnati da una croce. Ritrovarsi insieme sotto la croce.

Ciò è ineludibile. Dovrà essere così innanzitutto per ottemperare il comando di Gesù. Non possiamo dimenticarci di molti passi del Vangelo in cui Gesù invita a non ricercare i primi posti, a farsi umili, ad evitare divisioni, a seguire la libertà dell’amore e del servizio verso gli altri. Sono inviti rivolti a noi, oggi.

Se i cristiani non saranno in grado di riunirsi grazie alla comune fede, sarà il mondo a costringerli a farlo. Viviamo in un’epoca di grandi trasformazioni. Progressivamente, in Europa e in Occidente con maggiore evidenza ma pure in sud America, la maggior parte delle persone si sta allontanando del tutto dal cristianesimo, oppure ricerca, con sincerità, nuove forme di religiosità più alle proprie aspirazioni e alla sensibilità contemporanea. Queste grandi masse non sono nell’errore e nel peccato, forse la maggiore colpa è nostra, è nelle varie chiese che non riescono più a parlare con l’uomo d’oggi.

In una delle sue ultime interviste, il cardinal Martini aveva fatto molto scalpore affermando che la chiesa cattolica era indietro di 200 anni. Tutti hanno pensato che si riferisse alle questioni più dibattute del momento (che riguardano quasi esclusivamente la dimensione etica oppure certe discipline ecclesiali): bioetica, omosessualità, comunione ai divorziati risposati, sessualità, famiglia, pedofilia, celibato dei sacerdoti… E così via. Credo però che il cardinale non volesse insistere su questi problemi, in realtà marginali. Alcune comunità e chiese della riforma hanno già “aperto” a nuove prospettive, ma anche loro devono affrontare i banchi vuoti, la fuga dei fedeli, la marginalità culturale, la confusione e la mancanza di orientamento. Queste chiese non prosperano affatto. Anche loro forse sono indietro. Ancora peggiore però sarebbe l’illusione che un ritorno alla tradizione, alla tonaca nera per i preti, alle rogazioni, alle ostensioni delle reliquie, alla messa in latino, alla divaricazione assoluta tra la gerarchia e il popolo di Dio, possa far ritornare alla fede la gente comune. C’è qualcosa di più profondo che va affrontato.

La Chiesa, nel senso più ampio del termine senza distinzioni confessionali, è soprattutto indietro nella trasmissione della fede. Il problema riguarda la fede, non la morale! Le omelie sembrano spesso rivolte a un pubblico infantile, a una popolazione analfabeta da ogni punto di vista. Non si può predicare utilizzando parole di 100, 200, 500 anni fa! Ignorando le ricerche bibliche, la storia, le scoperte scientifiche, la pluralità delle religioni, l’approfondimento teologico intercorsi durante questi secoli! Tutto invece sembra essersi fermato. Le chiese diventano musei, l’iconografia è utile oramai soltanto per la storia dell’arte. Le parole della liturgia, seppur pronunciate nelle lingue volgari, non vengono più capite. I segni, i sacramenti, i riti sono fraintesi o semplicemente non compresi.

Da qui bisogna partire. Non siamo più al mondo contadino in cui la religione era un dato culturale. Bisognerebbe aggiornare tutto. Partendo però da un punto irrinunciabile: l’unità delle chiese. Altrimenti daremo solo scandalo e nessuno ci ascolterà più.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina