Il Governo ha approvato il disegno di legge costituzionale di riforma dello Statuto di autonomia della Regione Trentino-Alto Adige/ Südtirol, presentato al Consiglio dei ministri dal ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, dopo alcuni mesi di trattative con i presidenti delle Province autonome di Bolzano e Trento Fugatti e Kompatscher, ma ciò non scalda i cuori della gente. E non da oggi. Eppure è nota l’importanza dell’autonomia nel supportare la nostra qualità della vita, anche troppo, secondo taluni, che la vedono come un immotivato privilegio, specie sul versante della finanza.
Su questo punto indifferenza e pregiudizi rischiano di corrodere un modello altrove portato ad esempio di sviluppo e di serena convivenza. Servirebbe un po’ di fervore popolare nel difenderlo. La critica a cui ciascun trentino dovrebbe saper rispondere è la seguente: “È iniquo che da noi la spesa pubblica per abitante, per effetto dell’autonomia, sia molto più alta della media italiana”. Il dato è reale, ma l’apparenza inganna. La Ragioneria generale dello Stato – MEF ha analizzato la spesa sostenuta nel 2022 dallo Stato in via diretta o mediante finanziamenti alle regioni e agli altri enti pubblici, fondi ed enti previdenziali, cioè proprio la spesa “indiziata” di favorire taluni territori a scapito di altri (“La spesa statale regionalizzata”, ottobre 2024).
Dallo studio emerge una spesa per la nostra regione (Trento e Bolzano assieme) pari a 17.777 euro per abitante, contro una media nazionale di 12.109 euro: un divario notevole, secondo soltanto alla Valle d’Aosta, di cui beneficiano i cittadini trentini e altoatesini. Perché? È giusto?
Il perché è presto detto. La maggior parte di quei 17.777 euro è assegnata dallo Stato devolvendo alla nostra regione, come alle altre a statuto speciale, e alle due province autonome, quote prestabilite del gettito fiscale locale (es. 9/10), cioè di quanto riscosso (o stimato) a carico dei nostri contribuenti; gettito che varia a seconda della loro ricchezza, cioè del PIL, che esprime il reddito imponibile. Pertanto la spesa pubblica in Trentino-Alto Adige è più alta perché il nostro PIL è più alto, e quindi (evasori a parte) paghiamo più tasse. Infatti la provincia di Bolzano, con il suo PIL per abitante di 56 mila euro, svetta sulle regioni italiane, mentre il Trentino, con 44 mila euro, è terzo dietro alla Lombardia (46 mila euro).
In altre parole, la spesa pubblica della nostra regione si “autofinanzia” con i tributi del territorio, il cui tiraggio determina in automatico l’entità delle risorse disponibili. Non si usano soldi altrui. Ne è una riprova il rapporto spesa pubblica/PIL, quasi uguale fra la nostra regione (36%) e la media nazionale (36,7%).
Questa conclusione si presta a due rilievi: a) la parte di gettito tributario che rimane allo Stato può non bastare per le residue funzioni statali; b) le regioni “benestanti” dovrebbero dirottare un po’ della propria ricchezza fiscale alle più “povere”. Sia alla prima esigenza (perequazione) sia alla seconda (solidarietà) le istituzioni dell’autonomia e il governo italiano hanno provveduto con gli accordi di Milano del 30 novembre 2009 e di Roma del 15 ottobre 2014, trasfuso nell’art. 79 dello statuto speciale, che disciplina lo spessore del concorso solidale alle esigenze del Paese. Accordi orientati dunque all’equità, non al privilegio. Tanto più che il dato critico di partenza, la spesa “per abitante”, è di per sé penalizzante per le regioni meno popolose, come la nostra, e andrebbe mediato con la superficie territoriale (come si faceva in passato).
A dire che ci sono vari motivi per non arrendersi al “pensiero semplice” antiautonomista.