Ma cos’è la croce?

I lettura: Numeri 21,4-9;

II lettura: Filippesi 2,6-11;

Vangelo: Giovanni 3,13-17

Tutti ne abbiamo fatto l’esperienza: camminando per strade di paese, o per sentieri di montagna, ci siamo imbattuti di tanto in tanto in un Crocifisso: a un bivio, a un crocevia, o semplicemente a lato della strada. Non so se qualcuno abbia fatto il calcolo di quanti sono, disseminati sui sentieri e sulle strade del nostro Trentino. Alcuni – di legno – si sono deteriorati sotto l’effetto delle intemperie. È buona cosa che qualcuno provveda a restaurarli.

Perché mai la gente di una volta ci teneva a incontrare un crocifisso lungo la strada? In tempi difficili, caratterizzati da povertà e da calamità di vario genere, questo probabilmente aveva un effetto “terapeutico”, come un balsamo che leniva certe piaghe e dava un po’ di sollievo. Era una consolazione imbattersi in un crocifisso; le persone potevano pensare nell’intimo del loro cuore: “Anche Cristo sa cosa vuol dire soffrire… Il Figlio di Dio è solidale: soffre insieme a noi… E se c’è anche lui a soffrire insieme a noi, allora dev’esserci una via d’uscita… Allora c’è speranza!”.

La festa di ogni 14 settembre sul calendario è indicata così: Esaltazione della santa Croce.

“Esaltazione” vuol dire semplicemente prendere qualcosa che è in basso – tanto in basso da calpestarlo con i piedi – e metterlo in alto, ma così in alto che oltrepassa tutto e tutti con la sua altezza. Ma perché proprio la croce?

La Bibbia – che non si fa scrupolo di mescolare storia e leggenda – racconta che il popolo d’Israele nel deserto era minacciato da “serpenti brucianti”, micidiali con i loro morsi. Non c’erano antiveleni allora. “Fatti un serpente di bronzo e mettilo sopra un palo” si sentì dire Mosè. “Chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita”. Ma perché proprio un serpente, cioè quel viscido elemento che era la causa del problema? Non poteva Dio suggerire a Mosè di mettere sopra il palo… una colomba, ad esempio?

Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così è stato innalzato Gesù, il “Figlio dell’uomo”. Come Dio, nel suo bel paradiso, non poteva certo essere inchiodato a una croce, perché in paradiso non ci sono croci. E allora – da Dio qual’era – è diventato “figlio dell’uomo”, anzi, più in basso ancora è sceso: si è fatto “servo” … “fino alla morte e alla morte di croce”.

Dicevo che “esaltazione” significa prendere qualcosa o qualcuno che è in basso e metterlo in alto, più in alto di tutti: "Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome”. Questo nome è "Signore". Gesù, il Crocifisso, è il nostro Signore.

La croce 2000 anni fà, era il patibolo dei delinquenti e degli schiavi. I Romani l’adottarono per punire ed eliminare rivoltosi e ribelli, a condizione però che non fossero cittadini romani: per questi c’era la decapitazione; era troppo disonorevole la croce per i cittadini dell’impero. Per tutti comunque, cittadini o meno, rappresentava ciò che di più abominevole e spaventoso si potesse immaginare, proprio come quei serpenti dai quali il popolo di Mosè nel deserto non vedeva l’ora di liberarsi. Ed ecco che quell’elemento viscido e abominevole Dio l’ha trasformato in “strumento di salvezza”. Ci ha ricuperati, ricreati, con la croce di Gesù. “Ci hai salvati con la tua croce, Signore!”.

Noi la mettiamo al centro delle nostre chiese, probabilmente è appesa anche nelle nostre case, molti la portano al collo… Ma siamo consapevoli di cosa significhi questo? Forse ci è utile rileggere quanto scriveva san Paolo ai cristiani di Corinto: “Dio mi ha mandato tra voi a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La croce infatti è stoltezza per quelli cha vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Gli ebrei chiedono i miracoli (per credere), i Greci sono orgogliosi della sapienza dei loro filosofi: noi invece predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per gli Ebrei, stoltezza per i Greci. Ma ciò che è stoltezza per gli uomini, per Dio è sapienza – vera sapienza – e ciò che per gli uomini è debolezza, per Dio è forza e potenza”. Ecco cosa significa la croce. Se ci lasciamo sedurre dalla sapienza degli uomini, dalla loro furbizia, dai loro criteri di successo e di riuscita, allora la croce non fa per noi; se ce l’abbiamo al collo, leviamola: è questione di coerenza.

Se invece facciamo esperienza di debolezza e di prova, di grane che lasceremmo perdere volentieri e invece ce le dobbiamo portar appresso…se a volte ci costa l’essere coerenti con il vangelo, allora sì: guardiamo pure con simpatia alla Croce di Cristo. È la garanzia che proprio tutta quella tara che vorremmo eliminare Dio la può trasformare in via d’uscita: strumento di salvezza. Anzi, occorre dire che solo se c’è croce, c’è via d’uscita affidabile. Senza croce, ci sono solo miraggi illusori. Sì, è con le cose e con le situazioni che noi lasceremmo perdere volentieri che Dio ci salva. La croce di Gesù – esaltata sopra tutto e sopra tutti – ce lo assicura.

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