Questa raccolta, che ha coinvolto centinaia di ragazzi di tutta la zona pastorale della Vallagarina nella giornata di sabato 1° aprile, infatti, è stata la concreta occasione di accogliere l’invito di papa Francesco ad abbattere i muri per costruire ponti. Una concreta occasione perché, ad aiutare e sostenere i nostri giovani, ci sono stati i richiedenti asilo ospitati nei vari comuni del territorio.
Una concreta occasione perché, mano a mano che le ore passavano, la fatica e il caldo aumentavano, proprio in quel momento le diverse lingue non erano più suoni indistinti, i colori si univano in un gioioso arcobaleno, gli odori parlavano di uno sforzo comune. “Mani in pasta” non è stato solo questo, è andato oltre. È stato uno sforzo benefico che, favorendo ed appoggiando la Caritas diocesana, ha dato senso e significato alla Quaresima di tutti i ragazzi coinvolti, che per un giorno hanno vestito la tunica del Cireneo.
Magari contro voglia, magari inconsapevolmente, magari spinti da un amico; la Chiesa trentina di domani ha saputo farsi peso della croce. Quella croce che non può e non deve rimanere un simbolo attaccato sui muri o alle nostre collane, ma che vive nelle sofferenze, nei disagi e nello smarrimento degli altri.
Ci sarebbero da raccontare, poi, i numeri fruttati da questa iniziativa. Sarebbero da riportare i 60 quintali di cibo (ma non solo) raccolti, lo sforzo solidale di chi, recandosi nei negozi, ha avuto voglia di uscire dalle dinamiche egocentriche ed autoreferenziali dei giorni contemporanei. Un passaggio obbligato e obbligatorio, questo, ma che non riporta e non trasmette a pieno il significato di “Mani in Pasta”. Non lo farebbe perché i protagonisti di questo evento non sono cose, ma persone. Persone che danno e che ricevono, persone che amano e chiedono di essere amate.
Insomma, persone che, concretamente, desiderano vivere sulla propria pelle la “Bella Notizia”, quella del Vangelo.
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