“Quando ho scelto di perdonare, il dolore è stato più leggero. Perché se nel tuo cuore lasci entrare l’odio, non c’è più posto per l’amore”. Questo pensiero testimoniato da papà Lorenzo Piffer davanti alla bara della figlia Sara, travolta a 19 anni mentre s’allenava in bici, esprime un’umanità che edifica, una verità evangelica che può dare consolazione a tanti. Anche a tanti altri genitori e parenti.
Non cancella un dolore così improvviso e profondo, ma aiuta a viverlo in una prospettiva di fede. Quella che la stessa Sara aveva fatto propria e che i suoi amici sottolineano invitando tutti venerdì sera, 31 gennaio, alla celebrazione con il vescovo Lauro a Palù di Giovo, perché – scrivono – “a Sara stava a cuore la presenza dei giovani alle Sante Messe e avrebbe voluto creare un gruppo giovani per la sua comunità”.
I genitori Lorenzo e Marianna, insieme ai fratelli Christian, Gabriele e Loris, lo sanno bene. Per questo hanno potuto riservare un sorriso a quanti li abbracciavano al funerale (“Questi giorni sono stati indimenticabili perché abbiamo sentito che Sara già ci aiuta dal Paradiso”, hanno confidato ai loro preti amici). Per questo già nel loro racconto in chiesa, letto a nome di tutti da papà Lorenzo hanno dato straordinaria prova di verità e carità, di tenerezza e coraggio insieme.
“Non potevo credere – ha ricordato papà Lorenzo, rievocando il momento in cui ha raggiunto il luogo dell’impatto con la macchina arrivata in sorpasso dalla direzione opposta – che la mia bambina, che avevo visto felice, non c’era più. Sono venuto lì da te, mi sono inginocchiato, ti ho accarezzata, ti ho baciata, eri ancora calda. Pensavo a tutto, non volevo più staccarmi da te. Ad un certo punto ho provato una rabbia verso chi aveva provocato tutto questo: e alzando gli occhi vedo Christian, che mi dice di perdonare, perché in quel momento quell’uomo stava soffrendo. Mi sono alzato, ho abbracciato Christian, e pensando a cosa aveva provato in quei momenti che aveva visto Sara morire fra le sue mani, mi sono commosso e gli ho detto: sì, promettiamo insieme, e sulla Sara, che perdoniamo!”.
E subito dopo la riflessione maturata insieme agli altri famigliari: “Sembra incredibile ma da quel momento mi sono sentito sollevato, il dolore è più leggero. Questa è la prima grazia che abbiamo ricevuto dopo la tua morte…, sì, perché se nel tuo cuore lasci entrare l’odio, non c’è posto per l’amore; se lasci entrare la vendetta, non c’è più posto per la carità”.
Dovremo tutti prenderci del tempo per ritornare su queste frasi che non sono impulsive, contingenti, retoriche. Sono state distillate nelle ore della separazione (Sara era tornata a casa senza vita ma “come un angelo”), macerate nella preghiera alla quale la ragazza stessa era fedele, invitando spesso anche i familiari a recitare insieme alla sera quel Rosario che aveva riscoperto anche nella tappa a Lourdes, dove aveva portato i compagni di squadra.
Il perdono dei suoi genitori – dono all’ennesima potenza – è salito alle labbra dal profondo, dalla verità del loro cuore.
Grazie, famiglia Piffer, siete per noi “testimoni di speranza”!