“E’ la prova che vale la pena lottare per ogni vita”, dicono la dottoressa Vennarini del Centro di Protonterapia e i volontari di “Trentini per la Georgia”
Trento, aprile 2019 – Compirà presto sette anni , è un bambino vivace, appassionato di basket e videogames. Tra lui e il sogno di seguire le orme del nonno e dello zio – rispettivamente allenatore e cestista in Georgia – si è però messo un gravissimo tumore cerebrale. Una diagnosi che non lascia scampo, un conto alla rovescia calcolato in giorni se non fosse per una magnifica catena di solidarietà tra Tbilisi, Roma e Trento che sta facendo l’inverosimile per restituirgli il futuro.
La corsa contro il tempo della famiglia georgiana e del figlio (omettiamo i dati anagrafici per tutelarne la riservatezza) inizia il 25 agosto dello scorso anno quando il direttore di Protonterapia, Maurizio Amichetti, riceve una richiesta di consulenza medica dall'associazione “Trentini per la Georgia”, fondata più di 20 anni fa da Bruno Fronza, che immediatamente inoltra alla dirigente del Centro, Sabina Vennarini. “Nella mail c'erano una sommaria descrizione dei sintomi, qualche informazione sul paziente e un paio di immagini di risonanza magnetica”, spiega la dottoressa Vennarini, specializzata in radiologia e radioterapia oncologica in particolare pediatrica.
Pur in assenza di esami istologici, il medico capisce subito che si tratta di qualcosa di gravissimo e mobilita all'istante la collega Angela Mastronuzzi, responsabile dell'unità di Neurooncologia del Bambino Gesù di Roma, sotto la direzione di Franco Locatelli, con il quale l'Azienda provinciale per i servizi sanitari ha attivato una convenzione per la cura dei pazienti.
Mentre in Italia gli ospedali di Trento e Roma, con il supporto chiave dell'associazione di volontariato, stanno facendo i salti mortali per ottenere i permessi burocratici necessari a far atterrare e curare il piccolo paziente, a Tbilisi la famiglia vive in un incubo. “Quando sono emersi i primi sintomi, ci hanno rimbalzato tra uno specialista e l'altro. La risonanza ha chiarito che serviva un intervento, ma in Georgia non c'era l'esperienza necessaria per farlo in sicurezza”, ricorda il papà.
Dopo lo shock iniziale, i genitori tempestano di mail i maggiori ospedali europei ed americani, compreso quello di Trento, dove ha dei buoni amici nell'associazione “Trentini per la Georgia”. Ancora ventenne, aveva infatti frequentato un corso professionale a Tesero, per poi essere impiegato nella falegnameria messa in piedi dalla Caritas nella capitale georgiana, dove lavora tuttora. “Ci hanno messo un attimo a convincermi che l'Italia era la soluzione migliore”, ammette con riconoscenza.
La criticità del quadro clinico esige un intervento tempestivo: nel giro di un paio di giorni il piccolo viene accettato come paziente umanitario al Bambino Gesù e operato dal primario di neurochirurgia, Carlo Efisio Marras, e dall’allora referente per la neuro-oncologia, adesso responsabile dell’Unità operativa di neurochirurgia oncologica, Andrea Carai. “L'operazione di resezione della lesione principale è andata bene, ma le condizioni del bambino erano gravemente compromesse a causa delle numerose e voluminose metastasi”, spiega la dottoressa Angela Mastronuzzi. “Nelle settimane successive abbiamo seguito un protocollo intensivo di chemioterapia che ha permesso di ottenere la remissione di malattia e poi, per consolidare il risultato, ci siamo affidati a Trento”. Il Centro di protonterapia, infatti, è una struttura specializzata nel trattamento di precisione con particelle pesanti – i protoni – per irradiare le cellule tumorali. “La nostra fiducia va in crescendo, anche perché è un bambino magico, un lottatore nato che non piange mai”, aggiunge la dottoressa Vennarini.
La strada per la guarigione è ancora lunga e difficile: dopo l'intervento, la chemioterapia ad alto dosaggio di farmaci e la protonterapia, il piccolo ha bisogno di tempo per riprendere le forze. La famiglia georgiana, nel frattempo, non viene mai lasciata sola: ormai sono in Italia da 7 mesi – attualmente vivono in un appartamento a Trento messo a disposizione dal Villaggio Sos – e i volontari dell'associazione trentina non gli fanno mancare nulla, mentre la Provincia ha sostenuto tutte le spese mediche per la protonterapia.
“Questa storia è la prova che vale la pena lottare per ogni vita e che nessuna richiesta di aiuto deve rimanere inascoltata”, concordano la dottoressa Vennarini e i volontari di “Trentini per la Georgia”.
Una volta che il bambino si sarà ristabilito, la priorità sarà stabilire un ponte clinico e umanitario con la Georgia per assicurarsi che anche nel suo Paese possa essere seguito nel migliore dei modi. Con tanta fisioterapia e un pizzico di fortuna, il sogno di tornare a palleggiare sotto canestro può ancora diventare realtà.
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