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Si complica l’indagine sulla presunta violenza sessuale subita da una giovane donna nella notte tra il 25 e 26 luglio scorso nei pressi del centro di prima accoglienza dei profughi a Marco di Rovereto. La donna aveva raccontato di essere stata aggredita da un uomo di colore, robusto e che parlava una lingua sconosciuta. La sua denuncia aveva fatto ricadere il sospetto degli ospiti del campo profughi. Sospetti infondati visto che i campioni di dna prelevati a tutti i 72 richiedenti asilo, che fin da subito si sono mostrati collaborativi, non hanno fornito alcun riscontro.
Alla Procura di Rovereto sono arrivati i risultati dell’esame condotto dal Ris di Parma sui vestiti della vittima. Dalle prime indiscrezioni non risulterebbe traccia di dna diverso dalla donna. Altre tracce per le indagini sono ora al vaglio degli inquirenti che nei prossimi giorni dovrebbero sentire nuovamente la donna.
Il dramma aveva scosso la comunità della Vallagarina e scatenato una serie di polemiche sulla gestione del campo di accoglienza all’ex polveriera con la richiesta di chiusura da parte del sindaco di Rovereto, Andrea Miorandi, che all’indomani del verdetto del Ris di Parma non cambia posizione. “La struttura va chiusa perché inadeguata per un’accoglienza prolungata”. Di fatto dai primi di ottobre il centro di Marco sarà utilizzato solo come un centro di prima accoglienza e le persone vi si tratterranno per non più di 7 giorni al massimo. Dopodiché, i richiedenti asilo verranno distribuiti in altre strutture sul territorio, come quella già operativa a Castelfondo che attualmente ospita 55 persone, altre saranno individuate nelle prossime settimane.
Sull’esito del Ris di Parma è intervenuta già ieri l’assessora provinciale alla salute e politiche sociali Donata Borgonovo Re invitando alla prudenza e al rispetto delle persone, “se venisse confermata l’estraneità dei profughi all’episodio avremmo l’obbligo morale e civile di porre scuse ufficiali a chi si è trovato ingiustamente condannato per un’azione (indegna e inaccettabile ) mai commessa”.
Dura la reazione di don Giuseppe Caldera, direttore del Centro diocesano Missionario che punta il dito contro un’informazione superficiale. “Ancora una volta gli immigrati sono stati additati a priori come colpevoli ” commenta ai nostri microfoni .
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