Nonostante il titolo, non sono esattamente piccole le astuzie che Kate e la sua nonna mettono in campo nell’affrontare le difficoltà e le emozioni che la loro forzata convivenza mette loro davanti. Si tratta infatti di gestire la rabbia, di trovare vie di fuga emotive, di darsi risposte, di non farsi ingannare, di capire, di smascherare bugie e di imparare a fidarsi. La storia che Le piccole astuzie (La Nuova Frontiera Junior; età 12+) racconta è la storia intensa di una ragazzina “difficile”, che cerca il suo posto nel mondo, e di questo mondo, che l’ha “resa difficile”.
Kate, che vive con la nonna aspettando il ritorno di sua madre, è stata sospesa per la terza volta da scuola per i suoi incontrollabili scatti di rabbia. Sua nonna è una donna forte, burbera e intelligente, proprietaria di un grande negozio di oggetti usati. Kate è con lei da tre anni e non vive male, ma non è una situazione ideale. Il loro è un trantran tranquillo e regolare. Entrambe hanno i loro doveri per gestire la convivenza e, dato che Kate è a casa per sei settimane, le viene chiesto di contribuire anche economicamente in qualche modo all’economia della famiglia. Kate è molto intraprendente e prima dà vita ad un’impresa personale di giardinaggio, affrontando le non poche difficoltà a farsi pagare dagli adulti spesso bugiardi e ingiusti verso i ragazzini. Poi apre una sorta di sportello filosofico nel quale dare risposte, al modico prezzo di due dollari ciascuna, alle domande delle persone con citazioni letterarie e filosofiche, spesso criptiche, ma, appunto per questo, apprezzate e accettate. Quando Kate scopre che la nonna le ha mentito riguardo la madre, la rabbia esplode di nuovo e il già precario equilibrio della vita delle due viene rimesso in discussione. Questa volta, però, Kate ha ben chiaro in mente cosa intende fare. Una storia forte e realistica che ben caratterizza personaggi e situazioni, rendendoli credibili. Una storia che nulla risparmia al lettore, compreso il non detto che avvolge fin dall’inizio la vicenda e che si dipana lentamente pagina dopo pagina. L’abilità narrativa di Deborah Ellis è grande. La storia di Kate, esilarante e drammatica allo stesso tempo, infatti, è una di quelle che fin dalle prime righe rischiano di diventare pesanti e melense, piene di giudizi taglienti da una parte e di buonismo dall’altra. Ma ciò qui non succede perché il lettore viene sapientemente condotto all’interno della storia insieme alle due protagoniste: non gli è dato conoscere nulla se non ciò che Kate stessa scopre man mano e ciò che la nonna le fa capire. Si tratta di un perfetto esempio di quanto una buona storia dovrebbe fare: “show, don’t tell”, mostrare, non raccontare. Insieme con Kate si impara ad affrontare la rabbia, a cavarsela, a venire a patti con un passato complicato pieno di segreti, a smascherare le bugie, ad accettare che la realtà può anche non essere sempre come si vorrebbe. E tutto ciò si impara vivendolo in prima persona, intuendo situazioni e prevedendo soluzioni, entrando totalmente nella narrazione senza riuscire ad uscirne fin quando non si raggiunge l’ultima riga. E, forse, nemmeno a questo punto.
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