I domatori di bombe

Con gli artificieri del 2° Reggimento genio guastatori alpini, di stanza a Trento

Aldeno, 15 gennaio – “Caricamento!”. Il grido del sergente Furnò, artificiere del XXXI Battaglione “Iseo” di stanza alla caserma “Battisti” di Trento, alle 12 e 20 squarcia il silenzio irreale della cava Giuliani, due chilometri a nord di Aldeno, sulla destra orografica del fiume Adige. E' il segnale. D'istinto, alcuni tra i pochi presenti sul posto – gli operatori dell'ambulanza del 118, un dipendente della ditta Giuliani e gli agenti della Polizia amministrativa armi ed esplosivi della Questura di Trento con l'ispettore capo Stefano Lombardi – si tappano con forza le orecchie, premendovi contro le mani a coppa. Pochi metri più in là, mani esperte calano sull'interruttore che chiude il circuito elettrico predisposto per far saltare l'innesco filocomandato, collocato poco prima a debita distanza. All'istante, un boato squarcia l'aria, che si riempe di un odore acre, pungente, ben riconoscibile: quello del tritolo. I volti si distendono, spuntano sorrisi di soddisfazione. E' andata bene. “Poco spettacolare, ma efficace”, commenta il capitano Matteo Boschian Bailo del 2° Reggimento genio guastatori alpini di Trento, che con il capitano Christian Lodolo, tra le altre cose, si occupa dei rapporti con i media. A saltare in aria, con uno scoppio volutamente contenuto e, se vogliamo, perfino deludente rispetto alle roboanti esplosioni della finzione cinematografica, è la granata della prima guerra mondiale rinvenuta casualmente lunedì 13 gennaio da un passante in via della Cooperazione, a Mattarello di Trento. Ma è proprio questo che voleva il team di artificieri del genio guastatori dell'Esercito composto dai sergenti Furnò, Loiodice, Cristiano e Di Cola: un'esplosione contenuta, meno rumorosa possibile, con poca fiamma.

Prontamente, dopo la breve ma dovuta attesa, i sergenti Loiodice e Di Cola si avvicinano al luogo dello scoppio per accertare che tutto l'esplosivo della granata sia andato distrutto. E' così: la mattonella di tritolo sapientemente legata col nastro adesivo al proiettile e “accesa” dall'innesco comandato a distanza ha svolto egregiamente il suo compito.

Alle 12 e 27 l'allarme rientra. L'ultima eco dell'esplosione si smorza lungo le pareti di roccia della cava, ma per gli artificieri dell'Esercito la lunga giornata, iniziata con il trasporto del proiettile dal luogo dove era stato collocato in sicurezza dopo il rinvenimento di lunedì fino alla cava a sud di Trento, non è ancora finita. C'è una doverosa trafila burocratica da completare, ma guai a parlare di routine. Quando si ha a che fare con gli esplosivi, ogni volta è come la prima volta. “Potenzialmente tutti gli ordigni bellici rinvenuti sono pericolosi”, rimarca il sergente Furnò, con la saggezza che gli deriva dall'esperienza (era in Afghanistan con l'ultima missione all'estero, ma è pure un veterano dell'Iraq). La disinvoltura con cui poco prima dello scoppio controllato l'abbiamo visto maneggiare il proiettile di artiglieria non deve trarre in inganno. E' vero che, come ribadisce il sergente Cristiano, si trattava di un ordigno privo di spoletta, forse abbandonato da qualche soldato in fuga; così almeno fa supporre il fatto che certamente “non fu mai lanciato da una bocca da fuoco”, come fa notare Furnò al cui occhio esperto non è sfuggito il fatto che la corona di forzamento – la fascia metallica che circonda il corpo cilindrico della granata – sia ancora perfettamente liscia. Ma è altrettanto vero che l'esplosivo contenuto all'interno rappresentava comunque un concreto pericolo, come forse si è reso conto l'incauto che ha poi abbandonato la granata alla mercé del primo che passava.

Rendere innocui pericolosi ordigni non è mai routine, ma il pane quotidiano di questi uomini che in Italia come all'estero sono chiamati a svolgere questa preziosa attività di bonifica. Solo nel 2013, spiega il comandante colonnello Giovanni Fioretto, sono 554 gli ordigni bellici – tra cui 51 grosse bombe d'aereo – resi inoffensivi dal 2° Reggimento genio guastatori alpini, che ha competenza a operare, oltre che sul territorio del Trentino – Alto Adige Südtirol, anche nelle Province di Belluno, Vicenza e Padova. Nella sola Provincia di Trento, gli interventi sono stati 42 e hanno permesso di bonificare 76 ordigni: granate d'artiglieria e proietti italiani e austriaci della Grande Guerra, ma anche bombe d'aereo americane e inglesi della seconda guerra mondiale, lanciate nel fondo valle per bloccare le vie di comunicazione e i luoghi di maggior interesse strategico. Attualmente, l'attività che impegna maggiormente è la bonifica dell'area dell'ex aeroporto Dal Molin, destinato a diventare il grande parco della pace di Vicenza. Qui sono stati finora rinvenuti oltre un centinaio di ordigni di varie dimensioni, tra cui anche bombe a frammentazione. “Ogni volta che viene rinvenuto uno di questi ordigni per noi è una sfida”, afferma il comandante Fioretto. “Ma è un impegno che ci permette di affrontare con maggior consapevolezza quello che ci aspetta nei teatri operativi all'estero”.

La bonifica di ordigni richiede un addestramento rigoroso e un aggiornamento continuo. I genieri del 2° Reggimento, gente esperta, ben preparata, pronta anche ad affrontare il rischio biologico e chimico, “collaudata” nelle missioni all'estero sotto le bandiere dell'Onu o della Nato (l'ultima, in Afghanistan, tra i mesi di marzo e settembre 2013), lo sanno e non si tirano indietro. Anzi, sanno che c'è sempre da imparare: prossimamente i quattro del team in azione ad Aldeno, che pure in Afghanistan hanno addestrato i loro colleghi dell'Ansf (Afghan National Security Forces) in vista del progressivo passaggio all'esercito afghano della responsabilità della sicurezza nazionale, seguiranno un corso per il trattamento degli insidiosissimi IED, gli ordigni esplosivi improvvisati, artigianali, che rappresentano una seria minaccia per le forze dell'ISAF, la missione di supporto al governo afghano che opera nel Paese su mandato dell'ONU. Abituati a passare “Per omnia asperrima”, “attraverso qualsiasi difficoltà”, come recita il loro motto, sono pronti anche a questa nuova sfida.

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