Come si rintracciano i “discorsi d’odio” sui social network? I contenuti d’odio, o Hate Speech, online sono caratterizzati da alcuni elementi chiave, come la viralità e il presunto anonimato, che li distinguono dalla comunicazione offline e li rendono potenzialmente più pericolosi e dannosi. Anche per questo identificarli diventa cruciale. A margine della 5a Conferenza italiana di linguistica computazionale che si è tenuta a Torino dal 10 al 12 dicembre, nell’ambito della 6a campagna periodica di valutazione degli strumenti per l’elaborazione del linguaggio naturale per la lingua italiana, è stata lanciata “HaSpeeDe” (pronuncia: aspide), la prima campagna di valutazione di sistemi per l’identificazione automatica di discorsi di incitamento all’odio sui social media (Facebook e Twitter) in lingua italiana. Ai partecipanti sono stati sottoposti due insiemi di dati estratti da queste due popolari piattaforme di micro-blogging, differenti dal punto di vista linguistico e della comunicazione. Il compito consisteva nell'annotare automaticamente i messaggi indicando la presenza – o meno – di “discorso d’odio”. Il migliore nell’addestrare un sistema “Deep Learning” (un’applicazione dell’Intelligenza Artificiale) con dati di Fb e Twitter è risultato il team misto dell’Inria (Istituto nazionale per la ricerca nell’informatica e l’automazione) e del Digital Humanities Group (Dhg) della Fondazione Bruno Kessler. Nove i gruppi che hanno partecipato alla sfida.
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