All’indomani dell’attentato di Macerata, Giorgio Beretta, analista di Opal – Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa di Brescia, in un articolo su Unimondo.org ha osservato che tre elementi accomunano quella vicenda a diverse sparatorie avvenute negli Stati Uniti. “Sono elementi sui quali si è poco riflettuto, ma che meritano di essere considerati attentamente”, ribadisce.
In primo luogo, lei evidenzia, il terrorista Traini è un legale detentore di armi.
Per il suo attentato ha usato una pistola regolarmente detenuta con licenza per uso sportivo e anche le munizioni che ha usato erano state acquistate con regolare licenza.
L’intento dichiarato era di fare una strage.
La miscela esplosiva che accomuna la tentata strage di Macerata a quelle negli Stati Uniti, come ad esempio la carneficina fatta da Dylann Storm Roof, il giovane 22nne suprematista bianco che nel giugno del 2015 uccise nove afroamericani nella chiesa metodista di Charleston in South Carolina, sta nell’unione di questi due elementi: l’odio razziale e il facile accesso legale alle armi.
Solo il 14 febbraio il ministro Orlando ha affermato con chiarezza che non è corretto liquidare la vicenda di Macerata come opera di un folle.
Anche questo elemento accomuna la vicenda con quanto avviene negli Stati Uniti. Regolarmente l’attentatore viene definito come uno squilibrato, un pazzo. E’ una tipica tecnica adottata in modo particolare dalla lobby delle armi statunitense per minimizzare la gravità dei fatti. Lo stesso ritornello giustificatorio è stato messo in atto anche nel caso di Macerata.
Davvero è così facile in Italia possedere un’arma? E quante ce ne sono in circolazione?
Sì, è facile. Il fatto preoccupante è però l’assenza di dati precisi. Manca il numero dei nulla osta concessi. L’ultimo dato disponibile è relativo al 2008 e parla di 4,8 milioni di persone che detengono armi in Italia.
E’ corretto, come fanno associazioni e comitati presenti alla recente fiera Hit Show, rivendicare la “difesa dei diritti dei detentori legali di armi”?
Il nostro ordinamento non riconosce alcun particolare “diritto” ai legali detentori di armi: la detenzione e il porto d’armi sono infatti delle licenze, e non dei diritti, rilasciati dalle autorità competenti.
Ma c’è chi sostiene la necessità della difesa personale e dei propri beni.
I dati Istat ci dicono che negli ultimi tre anni si sono stati, in media, 30 omicidi volontari compiuti a scopo di furto o rapina; nel 2016 ce ne sono stati 19. Nel mio database ho registrato nel 2017 almeno 40 omicidi e oltre 60 suicidi compiuti con armi regolarmente detenute. Se c’è un’arma in casa, è molto più probabile che venga utilizzata per commettere un omicidio o un suicidio, che non per difendersi da una possibile aggressione. Questa è la questione centrale di cui non si parla.
C’è chi insiste nel voler modificare la legge sulla legittima difesa.
Quello che come Opal e Rete Disarmo diciamo è che in tal caso andrebbe modificata anche la legge sul porto d’armi. Non certo per penalizzare i veri sportivi e chi pratica la caccia, ma per non consentire con troppa facilità di tenersi in casa veri e propri arsenali. Con le conseguenze che troppo spesso ci tocca poi leggere sui giornali.
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