Attenti alle esigenze di chi torna sui monti per scelta o per forza

Al tema dei “mutamenti demografici nei territori alpini” è stata dedicata la terza edizione dell'Incontro internazionale “Arco Alpino” promosso dalla Fondazione Franco Demarchi con una cinquantina di “addetti ai lavori” convenuti a Palazzo delle Albere. Dopo aver analizzato nelle due edizioni precedenti i sistemi di welfare alpino e il tema della conoscenza, si sono indagati i complessi fenomeni di spopolamento e di ripopolamento sulle Alpi attraverso testimonianze anche transfrontaliere. “E' emerso un quadro di grande complessità, meno generalizzabile rispetto allo popolamento degli anni Cinquanta – spiega il presidente della Fondazione “Demarchi”, Piergiorgio Reggio, regista dei lavori – perchè oggi si registrano negli stessi territori contemporaneamente fenomeni migratori e di spopolamento, ma anche di un’urbanizzazione crescente”. In più, la variabile dei nuovi modelli di migrazione sia di provenienza straniera, sia di ritorno: è il caso dei cosiddetti “neo-montanari”, generazioni di figli (o spesso nipoti) di coloro che abbandonarono la montagna e ora la riabitano con progetti di rivitalizzazione del territorio montano. Li esemplificano alcune esperienze austriache come il progetto PlurAlps nel Vorarlberg o le iniziative degli enti locali illustrate da Alessandro Gretetr dell'Università di Innsbruck. Paolo Costa, ricercatore di FBK, ha evidenziato a proposito tre risorse culturali per rigenerare l'ambiente alpino: lo stile di vita basato sull'adattamento creativo all'ambiente, il saper fare con le proprie mani, la predisposizione all'ospitalità.

Alcuni workshop hanno poi approfondito questioni specifiche inerenti la formazione, il lavoro e la valorizzazione delle competenze, le comunità alpine come luoghi di incontro e accoglienza e la dimensione culturale, come fattore di rivitalizzazione delle aree alpine. Nell'affollata serata di venerdì, moderata dal nostro direttore Diego Andreatta, lo scrittore Folco Terzani, figlio dei Tiziano, ha affrontato il rapporto montagna-città attraverso l'avventuroso percorso dei protagonisti “Il cane, il lupo e Dio” (Longanesi), affermando che soltanto il recupero di un rapporto più sincero, attento e stupefatto con la natura potrà “liberarci” da approcci consumistici alla montagna. Esperienze positive d'integrazione con la comunità locale sono quelle della pastora etiope Agitu, ora in val dei Mocheni, che ha coinvolto anche altri immigrati e di Giulia Mirandola e Gianni Mittempergher che al “Masetto” di Terragnolo stanno dando vita ad una proposta di ricettività turistica a forte respiro culturale con la valorizzazione dell'ambiente e della lettura. Voci diverse ma integrate nella convinzione di saper “fare rete” e considerare le esigenze di tutti i residenti per mantenere un equilibrio sociale che migliori la qualità della vita sia di chi vive in montagna sia di chi ci arriva per forza o per scelta.

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