Biotestamento, resta il dovere di cura

“Come l’eutanasia, così anche l’accanimento terapeutico è sempre moralmente illecito. Ma resta la preoccupazione che questa legge apra la strada alla pratica dell’eutanasia”

E’ passato poco più di un mese dall’approvazione definitiva al Senato della legge sul testamento biologico (14 dicembre 2017). Costituita di 8 articoli, stabilisce che ogni persona maggiorenne, in previsione di una futura malattia che la renda incapace di autodeterminarsi, possa – attraverso le Disposizioni anticipate di trattamento (Dat) – esprimere le proprie preferenze sui trattamenti sanitari, accettare o rifiutare terapie e trattamenti, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiale. Anche sulla base di alcune prese di posizione molto chiare, è possibile una valutazione ponderata. Ne parliamo con don Bruno Tomasi, rettore del Collegio Arcivescovile e vicedirettore dello Stat.

Don Bruno Tomasi, qual è il primo aspetto da sottolineare, secondo lei, in uno sguardo complessivo?

Quando ho sentito della approvazione della legge relativa alle dichiarazioni anticipate di fine vita (Dat), la prima cosa che ho pensato è che, dopo anni di ripetuti tentativi e di numerose diverse proposte di legge, finalmente c’era una legge. Certamente immediatamente dopo, visti alcuni passaggi della legge e le reazioni forti di disappunto da parte dei Vescovi la soddisfazione per avere la legge ha ceduto il passo alla preoccupazione per alcuni punti della legge stessa.

La legge fa chiarezza sulla responsabilità del medico. In che senso?

A mio giudizio, qui entriamo subito in uno degli aspetti critici della legge. Il medico è sostanzialmente chiamato ad obbedire alle disposizioni date dal paziente o dal tutore o dal fiduciario. Io farei due distinte considerazioni. La prima è quella relativa al fatto che in questo modo il medico è sollevato dal pericolo di denunce e quindi potrebbe trovarsi ad operare in contesto di maggiore tranquillità: sappiamo dalla cronaca stessa quanto sia alto anche in Italia il pericolo che pazienti o familiari sporgano denuncia agli operatori sanitari. La seconda considerazione è che in questo modo il medico, dovendo obbedire, viene privato del diritto di obiezione di coscienza e privato di quella autorevolezza derivante dal ruolo professionale che ho sempre visto come un aspetto molto importante della pratica medica.

A proposito del dialogo tra familiari e medico, cosa dovrebbe cambiare dentro le corsie dei nostri ospedali?

Anche questo è un aspetto importantissimo che certamente va curato continuamente perché sempre migliorabile. Pazienti e familiari hanno il diritto di essere informati correttamente della situazione clinica in cui si trova il malato. Non dimenticherei però che la verità va sempre in compagnia con la carità. Un aspetto reale della situazione lavorativa in cui si trovano ad operare i medici, chiede loro per ragioni aziendali, di dover economizzare molto sul tempo; in questo modo il tempo diventa davvero prezioso e spesso molti medici si trovano a non avere il tempo che sarebbe necessario per soddisfare le esigenze di una corretta comunicazione. Credo che in questo campo comunque ci sarebbe spazio perché medici, malati e familiari mettano in pratica sempre più la virtù della reciproca comprensione.

Uno dei principali punti critici: la legge definisce tout court (quindi sempre e comunque) come una terapia sanitaria la somministrazione di acqua e cibo per via artificiale, che come tale può essere rifiutata (Art. 1). Qual è la sua valutazione in proposito?

Questo è senza dubbio l’altro aspetto molto problematico dal punto di vista morale. Esso nasce dal fatto che la legge considera l’alimentazione e l’idratazione come una terapia sanitaria sempre. In questo modo si ritiene che la pratica dell’eutanasia diventi molto probabile e facile da praticare. È questa la forte preoccupazione manifestata dal Presidente della CEI card. Bassetti. Il testo della legge non parla mai di eutanasia, quando in molte proposte di legge del passato si diceva espressamente che nelle Dat non potevano essere contenute richieste che vanno contro la legge e quindi non potevano essere contenute richieste di eutanasia diretta o indiretta. È facile da capire che definire questa legge come ormai la porta aperta alla pratica dell’eutanasia non sia per nulla una esagerazione. Credo che in questo passaggio della legge sarebbe stata una buona cosa riuscire a definire bene la distinzione tra accanimento terapeutico e dovere di cura. L’accanimento terapeutico non è mai moralmente lecito e si ha in quelle situazioni in cui il medico, secondo scienza e coscienza, vede inutili e inefficaci le cure mediche e vede in esse un prolungamento delle sofferenze. Come l’eutanasia, così anche l’accanimento terapeutico è sempre moralmente illecito.

Quale consiglio possiamo dare ai cittadini che vogliano provvedere alle Dat?

Nei prossimi giorni la Chiesa celebrerà la giornata per la vita e la giornata del malato. Credo che saranno ancora una volta l’occasione propizia per ricordare a tutti credenti e a tutte le persone di buona volontà la necessità di non dimenticare mai il dovere di cura e amore per le persone più deboli e bisognose e tra queste certamente ci sono anche gli ammalati. Papa Francesco nel messaggio per la 26° giornata del malato ricorda che la Chiesa ha una vocazione materna verso le persone bisognose e gli ammalati. La cultura dello scarto richiede un impegno ancora più forte per poter essere presenza amorevole presso tante persone che alla base del loro rifiuto della vita spesso hanno certamente il peso della malattia, ma ancor più il peso della solitudine e dell’abbandono. Papa Benedetto nella sua prima enciclica “Deus Caritas est”, ricorda che nessuna forma di organizzazione sarà mai capace di venire incontro e risolvere le esigenze del cuore. Dentro questa logica vedo la forza rivoluzionaria del Vangelo che ha saputo contagiare tante persone: dal buon Samaritano a santa Teresa di Calcutta fino alle migliaia di uomini e donne che quotidianamente nel silenzio dell’Amore sono accanto ad altrettante migliaia di ammalati.

(a cura di)

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