Il bosco di domani: tornino le “feste degli alberi”

Non è nuovo l’allarme – anche a causa della pandemia di bostrico – per la mancanza di legname da tagliare

“Più legname da tagliare o sarà crisi. Le segherie alla Provincia: almeno 450 mila metri cubi”. La Provincia, in un incontro con il presidente della Federazione Legno degli Artigiani, Matteo Daprà, sembra essersi impegnata per raggiungere i 300 mila metri cubi e Daprà giudica la proposta un’“apertura”, ma chiede al pubblico di attivare altre iniziative per sostenere il settore, vista anche la scarsità di materia prima che c’è oggi in tutta Europa e alla Provincia viene chiesto di fare in modo che il legname trentino venduto all’asta venga lavorato tutto qui. Non per guadagno, ma per salvaguardare la sopravvivenza delle aziende e dei posti di lavoro, nonché il gettito fiscale da loro garantito. La Provincia resta cauta. Se l’epidemia di bostrico rallenterà si potranno mettere sul mercato anche lotti verdi tenuti precauzionalmente bloccati, ma è ancora presto per fare previsioni. Dal canto suo il Servizio Foreste ha evidenziato le difficoltà nel trovare ditte che possano occuparsi del rimboschimento di alcune zone. Prima si metteranno a dimora nuove piante prima si comincerà a tagliare. Ma passeranno comunque decenni.

Daniele Battistel ( l’Adige, 4 ottobre 2024)

Gli alberi crescono a misura d’uomo, un anello all’anno, uno alla volta. E così il legno torna a dare lezioni di vita alla montagna, ai suoi uomini e donne, alle loro economie. Nella vita occorre investire, ed anche nel bosco occorre investire, pensandolo a lungo termine, in una visione che comprenda le future generazioni. Fare oggi pensando al domani. Gli investimenti possono essere efficaci solo se rientrano in un piano a lunga scadenza, non esiste mai una ricaduta immediata. Non c’è, in economia come in natura, un “do ut des”.

Vos non vobis, mellificate apes, vos non vobis nidificate aves, vos non vobis fertis aratra boves (Voi, ma non per voi fate il miele api, costruite i nidi uccelli, trascinate l’aratro buoi), così il poeta latino Virgilio; così ci facevano imparare anche i maestri: occorre programmare per tempo le risorse di vita e agire con continuità, pazienza e perseveranza. Oggi è il legno e la sua “crisi” a trasmettere questo messaggio, ma il problema riguarda altri settori che richiedono un approccio decisionale di lunga visione, con tutte le incertezze che ciò comporta: come s’è già visto per l’energia e il grano in Ucraina, com’è per la forza lavoro nelle campagne.

Ma la lezione che viene dal legno è ancora più incisiva ed emblematica, anche perché non è una storia nuova per il Trentino. Alla fine dell’Ottocento intere valli si presentavano disboscate per i tagli eccessivi, anche per alimentare fucine e fornaci che già nei centri padani e nei Paesi europei “andavano a carbone”. Una concorrenza impossibile. Le foto delle valli trentine di quegli anni sono impressionanti e solo grazie alla rigorosa politica forestale asburgica vi fu una lenta ripresa. Ma dopo la Seconda guerra mondiale, la situazione era ancora molto pesante: intere montagne, come il Bondone e il Calisio, apparivano da Trento del tutto spoglie di alberi; toccò nuovamente ai Forestali porvi rimedio con una politica di difesa dai tagli abusivi, senza penalizzare le famiglie povere e gli agricoltori. Ma anche con una attenta politica qualitativa per avere foreste “disetanee” con alberi di età e qualità diverse e non della stessa età, per armonizzare produttività e difesa del suolo. Molto importante, in questo contesto, fu la cura dei vivai forestali che facevano crescere le nuove piantine, fornendo esemplari locali già parzialmente acclimatati ai diversi ambienti. Ricordiamo gli alunni delle scuole trentine salire a Candriai e Vaneze nelle località predisposte dai Forestali, con l’aiuto del volontariato locale: ecco le “feste degli alberi”. Un albero impiega la vita di un uomo per maturare e il degrado si arrestò, tanto da poter poi vantare, nel Trentino, una selvicoltura che Paesi e Regioni vicine ci invidiavano, anche se una vera filiera del legno, pur provandoci in molti, non si riuscì mai a formarla. Ma poi la situazione venne data per scontata, il rinnovellamento naturale delle piante fu considerato sufficiente. I vivai decaddero, vennero abbandonati o chiusi. Non erano necessari, si disse, e non si trovava più chi li lavorasse. Ora però la crisi provocata da una tempesta naturale come Vaia induce a un profondo ripensamento.

Il Trentino, lo si è letto più volte sui giornali, s’è trovato a dover importare alberelli dai paesi vicini (che evidentemente i vivai hanno mantenuto) per i reimpianti ed ora non trova chi li esegua. Ma gli studenti delle scuole non vengono più coinvolti in questa operazione che costituiva per i ragazzi una vera lezione di natura e lavoro e trasmetteva conoscenza e identità. Le “feste degli alberi”, dove ancora si svolgono, sono diventate solo gite scolastiche, per lo più in corriera.

Un ripensamento generale a questo punto si impone, anche perché non sarà più possibile importare legname a basso prezzo dai paesi scandinavi o dall’America latina ormai pericolosamente saccheggiata, in una situazione che vede in costante e prevedibile, anche nel futuro, aumento la richiesta di legame. “Sarà il legno – riportava un titolo del “Financial Times” della scorsa settimana – l’elemento base della futura edilizia”. Soprattutto il lamellare, ma comunque il legno.

Occorre quindi prepararsi ben oltre le attese e le ricadute immediate che, nella crescita delle piante, come in quella degli esseri umani non esistono. Occorre promuovere reimpianti ed anche una diversa organizzazione del volontariato nelle valli. Alcune risorse delle Apt (e magari surplus delle Casse rurali) potrebbero andare a sostenere i nuovi vivai forestali e chi vi lavora, con qualche sagra mangereccia in meno e qualche prestazione di lavoro in più per il ripristino dei boschi. Resta il bosco, infatti, il vero habitat del Trentino, il luogo di vita, di respiro, di libertà, la risorsa sostenibile; e il lavoro-professione del forestale è uno dei più belli e affascinanti per un giovane. Un lavoro che merita di essere sostenuto e incentivato da tutte le comunità.

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