Le strade rappresentano sin dall’antichità il principale strumento urbanistico di disegno e pianificazione della città. Si potrebbe pensare che esse siano il semplice risultato dell’edificazione, vale a dire lo spazio vuoto che rimane tra la costruzione di un edificio e l’altro, ma è vero il contrario. Le strade costituiscono lo scheletro di quel corpo che è la città e quindi sono gli edifici ad essere il risultato delle strade e non viceversa. Molte città che oggi ammiriamo sono famose non solamente per le loro straordinarie architetture ma in primis per la loro struttura urbanistica, che si definisce proprio a partire dal disegno dei percorsi e dei collegamenti.
Si pensi ai Romani, che utilizzavano due assi viari ortogonali, il cardo e il decumano, come geometria di partenza per costruire i loro insediamenti, espressione di cultura e civiltà. O all’intervento urbanistico voluto da Papa Sisto V a Roma nel Cinquecento e noto come instauratio urbis. La sua strategia consistette nel disegno ex novo di grandi assi viari rettilinei con i quali collegare fra loro le principali basiliche della città e celebrare il trionfo della Controriforma tramite l’unione simbolica di luoghi distanti tra loro con scenografici cannocchiali prospettici.
Si pensi alle città di Parigi e Barcellona che nell’Ottocento sotto la guida di Georges Eugène Haussmann in Francia e dell’urbanista Ildefons Cerdà in Catalogna realizzarono ambiziosi piani urbanistici a partire dalla costruzione di grandi boulevards, che per contrasto al fitto e malsano tessuto dell’antica città medievale proponevano una nuova città ariosa e salubre.
O ancora alla Manhattan Grid composta di streets and avenues a New York, per l’epoca il più moderno e avveniristico piano di espansione urbana del continente americano.
Da sempre quindi le strade sono qualcosa di più di un semplice elemento tecnico che collega due o più punti, sono l’espressione della cultura e delle ambizioni di una società. Ecco perché alla vigilia dell’imminente revisione del Piano Regolatore Generale Comunale (Prg), la città di Trento ha un’occasione importante per ripensare se stessa proprio a partire dallo scheletro dei propri collegamenti. Le strade contemporanee vanno ripensate rispetto ai modelli promossi dal secondo dopoguerra in poi, mettendo in discussione il sistema di mobilità individuale su gomma. Gli assi viari possono e devono essere ripensati per trasformarsi in occasioni di riqualificazione urbana, soprattutto nelle aree più periferiche, in grado di unire e non dividere, capaci di essere veicolo di cultura e non di degrado.
Situazioni come quella di via Brennero costituiscono oggi delle ferite aperte nel tessuto urbano. In quest’ottica la proposta avanzata l’anno scorso di riconversione delle attuali infrastrutture attraverso l’introduzione di un nuovo sistema di trasporto pubblico su rotaia ad anello, soprannominato per l’appunto Ring, vuole essere uno stimolo ad una riflessione sulla Trento del futuro.
Come dimostrano i romani, Papa Sisto V, Haussmann e Cerdà, è dall’infrastruttura viaria che incomincia una buona pianificazione della città.
Michele Andreatta*
*architetto del collettivo Campomarzio a Trento
Lascia una recensione