Merano – Arno Kompatscher comincia da lontano. Nel 1946 l’Accordo di Parigi fu vissuto come una sconfitta e il primo Statuto, quello del ’48, come uno schiaffo. Tuttavia il processo è andato avanti. In fin dei conti, sostiene, “non si è verificata un’assimilazione della popolazione di lingua tedesca, non c’è stata nemmeno una netta separazione tra i gruppi linguistici nel senso delle tanto citate gabbie etniche. Anzi, si è dimostrato che i suindicati strumenti di tutela di tutti e tre i gruppi linguistici danno loro la necessaria certezza di non essere discriminati”.
Dopo la storia Kompatscher ricorda i successi che hanno portato l’Alto Adige a trasformarsi da “povera regione alpina a terra di benessere”, a “contribuente netto per l’Italia”. “Ebbene sì – ha detto – anche questo è un aspetto di cui essere orgogliosi. Allo Stato l’autonomia altoatesina non costa nulla. Inoltre, in base all’accordo finanziario la Provincia versa un contributo annuale al risanamento del bilancio statale”. Tuttavia “l’autonomia deve essere costantemente perfezionata e adeguata alle nuove esigenze”, con uno sguardo rivolto al futuro.
“Strettamente legati alla nostra terra e fortemente radicati nella nostra cultura e nelle nostre tradizioni – ha detto – possiamo e vogliamo essere aperti e costruire ponti. In quest’ottica, intendiamo intensificare ulteriormente la cooperazione transfrontaliera nel quadro dell’Euregio. E questo proprio perché, con la nostra ricchezza culturale e il nostro plurilinguismo, riteniamo di essere un ponte tra lo spazio culturale ed economico italiano, austriaco e tedesco: una piccola Europa nel cuore dell’Europa”.
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