SOMMARIO: “Lavoro intenso, in grande libertà e confidenza, ricercando soluzioni condivise”.
Il dibattito sulla Riforma costituzionale: ”Mi pare si inizi ad entrare nel merito, con meno atteggiamenti fideistici”
L'università mi manca. Perde studenti trentini? Molto preoccupata, grave impoverimento.
Daria De Pretis, a due anni esatti dall'inizio del suo mandato come Giudice della Corte Costituzionale come si trova, anche pensando a come se l’era immaginata?
Il lavoro è molto intenso. Una prima fase nella quale ci si accosta anche con un po' di paura, ora mi sento ambientata, anche perché tutti i giudici in Collegio contribuiscono a realizzare questa sensazione di unità.
Ci immaginavamo un circolo austero, invece?
Il lavoro in Camera di Consiglio è quasi intimo, in grande libertà e confidenza, ricercando soluzioni condivise. Questo fa sì che anche sul piano personale nascano rapporti molto forti. Rarissimo che le decisioni vengano prese con maggioranze risicate, abbastanza normali i casi di unanimità. Vi contribuisce peraltro il fatto che in Italia non è ammessa l'opinione dissenziente, cioè che il giudice che non è d'accordo possa esplicitare nella sentenza le sue ragioni: di fatto il suo dissenso resterebbe muto.
Digerito lo shock di quella telefonata di Napolitano mentre era al bar?
Ancora mi emoziona il pensiero. Nel suo lungo preambolo mi chiedevo le ragioni della chiamata. “Lei sa che faccio il rettore da poco”, dissi. “Ho in mano il suo curriculum”, rispose. Una richiesta a cui non si può dire di no. Fu uno shock perché ero molto assorbita da quell'incarico e sentivo la responsabilità verso che mi aveva votato come rettora e per i collaboratori che mi ero scelta.
In questi primi due anni alla Consulta, il lavoro su che cosa si è concentrato?
Chiaro che nella distribuzione del lavoro il presidente tiene conto delle competenze di ciascuno. Ma una gran parte, faticosissima, riguarda i conflitti Stato-Regioni, con impugnazioni delle reciproche leggi. Lavoro talvolta ingrato, distribuito tra tutti.
Chi vince prevalentemente?
Non ho i dati, ma ho l'impressione vinca lo Stato.
Quando lei è diventata giudice si è detto: un protettore in più per la nostra Autonomia, considerati anche i non rari ricorsi in Corte della nostra Giunta provinciale. Imbarazzante?
Non sono lì a fare il difensore di nulla, applico solo la Costituzione. Chiaro: ognuno porta un'esperienza, una sensibilità, la sua storia. Posso avere maggiore sensibilità per le questioni femminili, le relazioni internazionali o l'autonomia, ma non mi sento in imbarazzo nemmeno sulle questioni trentine. In Corte vola solo il vento della Costituzione, che garantisce le autonomie. E anche la riforma le fa salve.
Non le posso ovviamente chiedere una valutazione sulla riforma costituzionale posta a referendum. Le sembra però che il confronto sia all’altezza della partita in gioco?
Mi sembra che lo stia diventando. Pare si cominci ad entrare nel merito, anche tecnico, e restino sullo sfondo atteggiamenti fideistici in entrambi i sensi.
La sua passione per il diritto come la motiva?
Il diritto regola tutti gli aspetti della vita umana e quindi è un modo per leggere le vicende umane e per capire come uscire da certi conflitti. A me ha appassionato in particolare il diritto pubblico, che regola l'esercizio del potere per imbrigliarlo nelle regole.
Non a caso lei è donna di potere…
Non per piaggeria, ma non ho mai nemmeno capito bene cosa voglia dire. Ho un senso di responsabilità forte perché avverto che le decisioni che prendo, anche se quelle della Corte sono collegiali, spesso incidono nella vita delle altre persone.
Sul fronte giuridico si ha spesso la sensazione che l’interpretazione della legge conti più della sua applicazione, con regolamenti attuativi spesso farraginosi e quindi giudici con ampia libertà di manovra. Sensazione errata?
Il mondo giuridico è complesso, le geometrie semplici che si studiavano trent'anni fa, calibrate sugli Stati nazionali, non funzionano più. Il diritto ha fonti molto diversificate: leggi nazionali, regionali, del Parlamento europeo, regolamenti della Commissione…
Spesso contraddittorie?
Questo allarga la spazio di manovra dei giudici che hanno davanti un panorama più fluido e sfuggente e aumenta anche l'importanza delle Corti Costituzionali. Un giudice può disapplicare la legge nazionale se c'è una europea è in contrasto. E' così e non può non esserlo.
Europa che spesso si impone, ma ben poco digerita. Renzi sbaglia?
E' banale ma l'Europa è in grande difficoltà. Servirebbe una classe politica di qualità e solo questo consentirebbe una percezione europea dei problemi, da quello economico a quello migratorio. Altrimenti gli interessi resteranno quelli nazionali.
Quanto le manca l’Università, da rettora e docente?
Mi manca quel luogo straordinario di sapere e di libertà. Mi manca il rettorato, che resta una vicenda incompiuta della mia esistenza. E ancor più il rapporto con gli studenti. Chi ha insegnato sa quanto è bello trasmettere sapere. Ho ancora la soddisfazione di avere vecchi studenti che mi cercano, spesso per ringraziarmi.
Il presidente Rossi ha lanciato l’allarme: sempre meno trentini iscritti all’università. Come commenta questo dato?
Molto preoccupante. Significa prospettiva di impoverimento della nostra terra il capitale umano è in generale la ricchezza più grande in particolare in una terra che era povera come la nostra. E' certo che una migliore formazione aumenta incredibilmente le possibilità di lavoro.
Rivisto a 25 anni dalla sua morte, qual è stato il merito maggiore di suo suocero Bruno Kessler?
Ho una prospettiva partigiana, ma credo che l'Università sia stata il merito maggiore, senza dimenticare la riforma urbanistica o la formazione professionale. Sul fronte personale lo ricordo vitale ed affettuoso.
Da bambina, nella sua Cles, cosa sognava?
Di vedere il mondo. Credo di esserci riuscita.
Ai suoi figli Anna e Bruno quale “eredità” morale vorrebbe rimanesse?
Liberi ed onesti. Con se stessi e con gli altri. Siamo molto in contatto anche se sono all'estero. Ma il nido è sempre lì e quando tornano è sempre grande gioia.
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