Politiche migratorie europee sotto la lente al convegno del “Rezzara
La storia degli immigrati definiti economici e dei loro viaggi della speranza inizia per l’Italia negli anni ’80 del Novecento. Chi entra, eludendo i controlli, potrà ricorrere a successive sanatorie, considerate le richieste come manodopera e per i servizi. Diversa è la situazione in questi ultimi anni dell’arrivo massiccio di rifugiati che fuggono da guerre e carestie richiedenti asilo, diritto riconosciuto dalla Convenzione internazionale di Ginevra (1951); l’86% è accolto nei Paesi impoveriti, il 10% in Europa.
Sono noti i respingimenti, le quote rifiutate e l’arroccamento in se stessi di Stati dell’Unione Europea. Per troppo tempo inerte nei confronti delle conseguenze sociali della globalizzazione, come del resto le istituzioni mondiali, l’UE in questa circostanza ha riportato le decisioni in ambito nazionale, addossando le maggiori difficoltà sui Paesi di frontiera.
Questa crisi umanitaria ci allontana dalla “solidarietà attraverso soluzioni concrete” dei Padri fondatori di un’Europa con “un’anima cristiana”: la prova del suo declino? Papa Francesco la incoraggia a ritrovare la centralità della persona umana e della sua dignità, a rialzarsi e superare i propri limiti.
E’ stata l’occasione di un confronto sul tema “Migrazioni, nazionalismi e futuro dell’Europa” il 49° Convegno di Studi internazionali dell’Istituto Rezzara di Vicenza, svoltosi il 16-17 settembre presso l’Istituto di scienze religiose con un’ampia partecipazione e condotto dal Direttore del Rezzara, mons. Giuseppe Dal Ferro.
Ha aperto i lavori con una panoramica sull’argomento la prolusione di mons. Silvano Maria Tomasi, Segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, alla quale sono seguite le relazioni dei docenti universitari (Università di Milano, Padova e IUSVE di Venezia) Maurizio Ambrosini, Enzo Colombo, Gianpiero Della Zuanna, Enzo Paci e Danilo Girardi.
E’ importante notare che fra le paure dei cittadini figura quella che culture “altre” possano stravolgere la propria cultura e identità. Discriminare le minoranze etnico-religiose significherebbe un regresso rispetto al lungo cammino delle democrazie occidentali verso l’interculturalità, inclusiva nel riconoscimento delle diversità e nel rispetto reciproco, favorita dal dialogo e dalla partecipazione. Il fondamentalismo etnico-religioso fu la trappola in cui caddero le popolazioni dell’ex Jugoslavia.
Quanto alla paura del terrorismo, peraltro non infondata, in realtà gli autori di tragici attentati in Europa erano cittadini di origine straniera, ma nati e cresciuti negli agglomerati periferici di grandi città europee e questo merita una riflessione.
Tenuto conto di una diffusa percezione emotiva dei problemi dovuta a volte a un’informazione distorta o enfatizzata, i relatori hanno fornito dati che fotografano la realtà dell’immigrazione in Italia, dove essa ha assunto “un carattere stanziale e di lungo periodo”. Alcuni sono molto eloquenti. I residenti stranieri in Italia al primo gennaio 2016 sono 5.026.153, un valido contributo al saldo demografico. Nelle dinamiche dell’inserimento sociale il lavoro è determinante: nel primo trimestre 2016 il tasso di occupazione dei lavoratori stranieri del 59% superava quello del 56% degli italiani, concentrandosi tuttavia nei settori meno qualificati, mentre le attività autonome sono oltre 550.000, in maggioranza gestite da persone provenienti da Marocco, Cina, Bangladesh, Romania. Un precipuo ruolo socializzante e d’integrazione è esercitato dalla scuola, frequentata da 805.800 alunni (2014-2015), di cui il 50% nati in Italia, in genere di indirizzo professionale e tecnico.
Questi “nuovi italiani”, studenti di scuola primaria e secondaria, intervistati (ricerca Istat) escludono difficoltà di relazione con i coetanei italiani con i quali condividono interessi scolastici e non e dichiarano di sentirsi italiani. Ma i nati in Italia acquisiranno la cittadinanza italiana solo a 18 anni. Sospetti e diffidenze s’incontrano a volte nei genitori. Positivo è il giudizio degli insegnanti, pur segnalando il numero eccessivo nelle classi e difficoltà linguistiche.
Il convegno del Rezzara non ha trascurato neppure gli aspetti positivi dell’accoglienza da parte di volontariato e istituzioni, specie nei Comuni, nelle Regioni e nelle Province autonome, nei quali si facilita anche l’inserimento in famiglie selezionate e preparate per questa nuova impegnativa relazione.
Quanto alle prospettive future, accoglienza e tutela dei cittadini da episodi criminosi non si contraddicono. Per prevenire azioni terroristiche, occorre però organizzare un filtro degli ingressi illegali già nei Paesi di origine o di prima accoglienza; qualcosa in questo senso si sta già facendo. Sono indispensabili una “cornice legale” sicura, che affronti le diverse componenti del problema con chiarezza e una cooperazione non solo tra gli Stati europei, ma a livello mondiale.
E’ noto che in genere i migranti non sono i più poveri fra i loro concittadini, per loro e per questi ultimi la solidarietà potrebbe essere portata e resa operante nel Paese d'origine, favorendone la crescita e il progresso. Pensare ed agire, dunque, con la collaborazione di tutti e la guida di una classe politica lungimirante e coraggiosa.
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