Il Tuckett e il Sella erano stati costruiti uno di fronte all'altro nel 1906 per una contesa nazionalista. Da domenica scorsa una nuova targa sancisce in quota l'impegno per l'amicizia anche in Europa
Vedretta di Brenta, 17 luglio 2016 – I rododendri hanno lo stesso profumo di allora e il Castelletto Inferiore con il suo dente aguzzo pare inchinarsi ancora verso la Punta dei Massodi. Eppure 110 anni fa su questi sfasciumi di rocce, tra pareti annerite dalla pioggia e la candida vedretta di Vallesinella, si disputava a colpi di cazzuola e mattoni una contesa epocale a sfondo nazionalistico, oggi inimmaginabile, superata.
Nel cuore del Brenta i muratori italiani dovevano infatti tirar su in tempi record l'edificio inaugurato il 12 agosto 1906 con dedica al fondatore del Cai Quintino Sella per affermare come SAT (la Società Alpinisti Tridentina sorta a Campiglio nel 1872) la forte istanza irredentista anche sotto l'Impergo austroungarico. Ma sulla stessa spianata gli alpinisti della DAV austrotedesca avevano ottenuto il terreno per erigere un proprio rifugio, affidato alla sezione di Berlino e dedicato al primo esploratore del Brenta, il britannico Francis Fox Tuckett. Lo inaugurarono appena otto giorni dopo, il 20 agosto, a soli 40 metri di distanza.
Venne ritenuta “provocazione straniera” rispetto ai “diritti d'italianità” quel rifugio costruito “di faccia” all'altro, come vollero affermare “perennemente” gli italiani del CAI-SAT in una targa murata quando il “BerlinerHutte” tornò nel 1919 in mani italiane al termine della Prima Guerra mondiale.
Altri tempi, la contesa oggi è solo un simbolo negativo, da superare. Senza cancellare la memoria incisa nel marmo, ma apponendo invece sulla parete del rifugio Tuckett una nuova targa. L'hanno svelata domenica mattina il presidente della SAT, Claudio Bassetti insieme al sindaco di Berlino-Charlottenburg Reinhard Naumann e di Trento Alessandro Andreatta per “conferire a questo luogo il valore di monumento alla pace e all’amicizia tra i popoli”.
Anche un rifugio, anzi due rifugi, possono tornare a ispirare fraternità universale, come auspicava la Giornata europea dei rifugi celebrata a fine giugno con l’Accademia della montagna. Nell’ambito del 50° anniversario del gemellaggio tra Trento e il quartiere di Charlottenburg, festeggiato nei giorni scorsi a palazzo Geremia, il sindaco berlinese Naumann ha voluto sancire l’abbraccio di pace anche in alta quota, ai 2275 metri di quel rifugio gestito per pochi anni dai berlinesi. “Wir sind Europa, noi siamo l’Europa”, ha lasciato scritto il primo cittadino di Berlino in riconoscenza ai gemelli trentini. “Noi tedeschi amiamo molto la montagna – ha dichiarato in diretta nazionale ai microfoni di radio Trentino inBlu – e questo gemellaggio di riconoscenza verso i Trentini ci consente di ribadire che oggi in Europa non ci devono più essere muri fra i popoli, come quello che divise un tempo Berlino”.
Anche il presidente della SAT Bassetti, dopo aver contestualizzato storicamente quella doppia fondazione di rifugi, ha ribadito che oggi “dobbiamo alzare soltanto ponti di amicizia in Europa, abbassando ogni confine vecchio e nuovo”. Per il Comune di Trento, presente con la presidente del Consiglio Coppola e i consiglieri Maestranzi e Postal, il sindaco Andreatta ha sottolineato l'impegno comune a “riscrivere la storia per costruire un'Europa dei popoli, delle città e dei cittadini”.
Alla presenza di Adriano Alimonta, presidente dell’APT, del vicesindaco del Comune Tre Valli Tullio Serafini e al rappresentante delle Regole di Spinale e Manez Zeffirino Castellani, la parola è passata agli strumenti musicali berlinesi (trasferiti in quota con la teleferica) con i giovani liceali della Big Band “Heinz Bergruen” a proporre armonie di pace e di gioiosa convivenza: “Per i ragazzi essere quassù oggi è un’emozione unica”, ha commentato Claudia Rocca, la direttrice di origine italiana. Il messaggio inviato dal presidente nazinale del CAI Vincenzo Torti, lo scambio dei gagliardetti ed un brindisi hanno concluso il momento di amicizia, destinato a rinnovarsi negli occhi di quanti leggeranno la targa dorata che manda in archivio quella nazionalista.
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