L’attualità dei corridoi umanitari in risposta alla crisi migratoria. Li racconta la mostra a palazzo Thun, ce ne parla Paolo Naso di “Mediterranean Hope”
“A #Trento non solo foto, ma speranza, solidarietà e soluzioni concrete. Se si vuole, si può. #corridoiumanitari”. E’ uno dei commenti twittati all’indomani dell’inaugurazione della mostra “Al Hamdulillah. Dalla Siria al Trentino”, venerdì 27 maggio a palazzo Thun. Le immagini riportano al dramma della guerra in Siria con gli scatti di Alessio Romenzi e raccontano il primo corridoio umanitario aperto in Italia alla fine di febbraio.
L'individuazione di canali umanitari per mettere al sicuro che scappa dalle guerre si ripropone con urgenza di fronte al rinnovarsi delle tragedie nel Mediterraneo. Secondo l’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (l’Unhcr), sarebbero almeno 880 le vittime dei tre naufragi avvenuti la scorsa settimana. Tra i dispersi, almeno quaranta bambini. Dall'inizio dell'anno sono 2.510 i migranti morti in mare (erano 1.855 nello stesso periodo del 2015). Un gruppo di sopravvissuti al naufragio avvenuto venerdì 27 maggio al largo della costa libica – 25 in tutto, la maggioranza nigeriani, una piccola parte ivoriani – è arrivato a Trento lunedì 30 maggio. Sui volti la sofferenza di un viaggio affrontato in condizioni drammatiche. Ospitati al Campo della Protezione Civile di Marco di Rovereto, saranno sistemati a breve in piccoli gruppi sul territorio provinciale. Già nei prossimi giorni è atteso un altro gruppo di 30 persone, che porteranno a 1.085 il numero di richiedenti asilo in Provincia di Trento (il tetto massimo previsto dall’accordo Stato-Regioni, proporzionato agli abitanti, è di 1.172).
“I troppi morti in mare chiedono azioni politiche unitarie e la necessità di piani di accoglienza per tutti i migranti che hanno diritto alla protezione internazionale”, osserva ai microfoni di Radio Trentino inBlu Paolo Naso, docente alla Sapienza di Roma e responsabile relazioni internazionali di “Mediterranean Hope”, il progetto pilota promosso dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Tavola valdese, totalmente autofinanziato, che ha consentito l’arrivo in sicurezza, grazie al rilascio di visti per motivi umanitari, e l’accoglienza, per ora, di profughi siriani (ma l’esperienza sarà ampliata a breve al Marocco e all’Etiopia). “I corridoi umanitari sono l’unica risposta pratica, sostenibile e sicura alla crisi che stiamo vivendo. Queste persone per venire in Europa rischiano la vita, con costi enormi per le operazioni di salvataggio in mare, ma soprattutto con costi umani moralmente inaccettabili. I corridoi umanitari, attraverso un dispositivo legale previsto dal regolamento attuale dell’Unione europea, consentirebbero a persone in condizioni di vulnerabilità di raggiungere in sicurezza l’Italia”. In sicurezza per loro, rimarca Naso, ma in sicurezza anche per la popolazione italiana. “Prima di arrivare in Italia, le persone vengono identificate e fotosegnalate”. La base giuridica è il regolamento di Schengen in materia di visti: “All’articolo 25 si afferma che i Paesi possono rilasciare dei visti per protezione umanitaria a soggetti che presentano particolari vulnerabilità. Questo dispositivo non è mai stato utilizzato e quindi il rifugiato o il profugo che desidera chiedere asilo deve prima arrivare in Europa. A rischio della vita. La proposta dei corridoi umanitari è che queste persone possano prima di tutto arrivare in sicurezza in Italia o in Europa e quindi avanzare la richiesta di asilo”. Nessuna ingenua apertura delle frontiere, dunque, dal momento che si tratta di un dispositivo, ribadisce Naso, “che si rivolge a persone che hanno particolari esigenze di tutela e di protezione”. E il cui punto di forza è nella capacità di attivare le risorse della società civile, a patto che ci sia, rimarca Naso, un chiaro segnale politico. “Il segnale politico è arrivato e la società civile ha risposto. Mi sembra un messaggio importante che l’Italia deve riuscire a portare in Europa”.
Già, l’Europa. La Commissione europea sta lavorando a un testo per dare forma e sostanza al Migration Compact proposto dal governo Renzi per fermare i flussi migratori lungo la rotta mediterranea attraverso nuove intese con i Paesi d’origine e di transito, in particolare quelli africani (sulla base dell’esperienza fatta con l’accordo tra Ue e Turchia, peraltro molto contestata dalle organizzazioni per i diritti umani): se approvato dal Collegio dei commissari Ue il 7 giugno, arriverà sul tavolo del Consiglio europeo il 28-29 giugno. ”Il Migration Compact – osserva Naso – è il tentativo dell’Italia di lanciare l’ennesimo segnale all’Europa e stavolta lo fa con rafforzata autorevolezza: con la chiusura della cosiddetta frontiera di terra lungo i Balcani l’Italia è tornata ad essere il Paese più esposto ai flussi migratori e peraltro non si è tirata indietro sul piano del ‘Search&Rescue’, cioè delle attività di salvataggio in mare. Se i numeri non sono ancora più tragici, lo si deve al grandissimo lavoro fatto dalle Forze italiane, in collaborazione con le Marine di altri Paesi”. A rafforzarne il ruolo contribuisce inoltre, sottolinea Naso, il fatto che l’Italia accoglie attualmente circa 150 mila persone, “con un sistema che ha luci ed ombre”, e si è resa disponibile ad attivare i corridoi umanitari, sia pure come “buona pratica” limitata a mille casi. “L’esito positivo di questo esperimento – conclude Naso – fa pensare che l’Italia possa allargare il numero delle persone accolte e soprattutto possa con forza e autorevolezza presentare questo modello ai partner europei”. Ogni Paese europeo potrebbe assumere questo modello, che non pesa sul sistema di accoglienza dello Stato e che garantisce sicurezza. “Se all’Europa togliamo il cuore profondo del diritto umanitario, il senso profondo dell’accoglienza, della tolleranza, del pluralismo, la capacità di immaginare scenari di solidarietà, che cosa resta dell’Europa: una tecnocrazia, una moneta unica… Questo esperimento l’abbiamo concepito anche nella prospettiva di restituire un’anima all’Europa, cioè riportare i valori e i principi dell’Unione al centro. E’ un tentativo di restituire all’Europa il suo futuro”.
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