Il ricordo dei loro tre uomini, scomparsi mentre inseguivano sogni a grande altezza: un modo per dire che l’utopia è anche la ricerca di “eu-topia”, di luoghi buoni, alti e altri, incontaminati
La passione per il volo in deltaplano, l'amore per la natura e per gli uccelli migratori e il desiderio di riportarli sulle rotte dimenticate a causa dell'uomo, muovendosi leggero nell'aria con la stessa spontaneità con cui si cammina. La passione per la montagna, che con il suo corpo verticale avvicina al cielo e apre ad una dimensione di essenzialità che fa scendere in profondità, dentro sé e dentro il senso stesso dell'esistenza, quanto più ci si eleva. La sete di infinito ha guidato il deltaplanista Angelo D'Arrigo e gli alpinisti Walter Nones e Karl Unterkircher a sperimentare vie di conoscenza, esplorazione interiore e realizzazione personale che agli occhi dei più appaiono "estreme".
Un inutile rischio se la vita è appesa alle correnti dell'aria o a ramponi e piccozza e dipende da dettagli o da circostanze imprevedibili che, pur con tutta la preparazione fisica, tecnica e l'esperienza accumulata negli anni, sfuggono al controllo umano. Ma esistono uomini abitati dalla sete d'infinito, e non li puoi capire se non hai identico slancio, quello che permette di farle spazio e viverla con coraggio, passione e spirito di sacrificio. E ci sono donne al loro fianco, mogli e compagne di vita, che incoraggiano il sentire autentico dell'uomo amato e la sua passione, la condividono sentendosi parte dei progetti e delle imprese man mano compiute e, in seguito alla prematura scomparsa di mariti e padri, riescono a portarla avanti, mantenendone vivo il ricordo.
Laura Mancuso D'Arrigo, Manuela Sparapani Nones, Silke Perathoner Unterkircher sono state le coraggiose protagoniste del nuovo appuntamento di "Utopia500" dedicato a "L'utopia delle passioni. Amare uomini che appartengono all'infinito", svoltosi nella sala, affollata, della Fondazione Caritro a Trento nell'ambito di Trento Film Festival.
"Walter aveva il sorriso aperto e la corsa sempre addosso, è il ricordo che ho di lui – ha detto Arianna Bazzanella del Forum trentino per la pace introducendo le ospiti -: lo conoscevo e non condivido l'opinione diffusa sul presunto egoismo di uomini che mettono a repentaglio la loro vita senza riflettere sulle conseguenze di scelte che invece sono dettate dal cuore e portate avanti con responsabilità". Uomini nati con sogni dalla forma infinita – ma non per questo hanno rinunciato a provare a trasformarli in realtà -, donne che li hanno sostenuti nella realizzazione di aspirazioni profonde. Vite che hanno molto da insegnare e ben rappresentano il senso dell'utopia, il seguire fino in fondo la propria vocazione, accanto alla quale c'è anche "un'utopia realista, con i piedi per terra, quella che queste donne hanno saputo vivere per se stesse e i figli", come ha evidenziato nel suo saluto il presidente del Festival, Roberto De Martin.
Angelo, scomparso nel 2006, Karl nel 2008 e Walter nel 2010 erano accomunati dall'essere persone semplici ma profonde, sognatori, spiriti liberi, amanti della natura, curiosi. Vite e sogni intrecciati: Unterkircher era sull'Everest quando D'Arrigo lo sorvolò con il deltaplano nel 2004; Nones era con Unterkircher e Simon Kehrer nella spedizione sul Nanga Parbat del 2008 che costò la vita al compagno di cordata. I due sopravvissuti raccontarono la loro verità in "È la montagna che chiama" (Mondadori, 2009), poi sarà Silke Unterkircher a narrare l'avventura estrema del marito in "L'ultimo abbraccio della montagna" (Bur Rizzoli, 2012) mentre Laura Mancuso scriverà "In volo senza confini. Una storia d'amore, di volo e di condor" (Corbaccio, 2009) sull'uomo che ha insegnato a volare agli uccelli.
Introdotte da un breve video in omaggio al marito, le ospiti hanno poi dialogato con il coordinatore di "Utopia500" Paolo Ghezzi, raccontando aneddoti e frammenti di un'esperienza che è ricordo prezioso, ma anche ferita.
"Walter lo rivedo nei bambini, sportivi e attenti osservatori come lui, per loro andare in gita è un premio, è la stessa cosa che provo io, la montagna ci dà benessere. Parliamo di lui ogni giorno, è una presenza costante e quando mi domando cosa farebbe in certe situazioni, la risposta arriva da sola ed è come se fosse con noi", ha detto Manuela Nones.
"Angelo aveva un talento particolare, geniale, l'ho seguito e ho imparato a volare grazie a lui e quando era in volo, ero tesa come se gli fossi accanto, mi sentivo dentro l'evento. Ha realizzato tanti record, poi ha messo le sue capacità al servizio della scienza e faceva da papà alle gru mentre ero incinta – ha raccontato sorridendo Laura D'Arrigo -. La sua assenza è ingombrante quanto lo era la sua presenza, ma non ho nulla da recriminare, la vita è fatta non solo di tempo, ma di qualità del tempo, e mi sento fortunata per quello vissuto con lui".
"Karl era un uomo che sapeva trasmettere a tutti la sua serenità e tranquillità interiore – ha ricordato Silke Unterkircher -, l'ho visto diventare più profondo negli anni, gli piaceva la vita essenziale. Avevamo la passione comune per l'arrampicata, ora sento che ovunque vado è con me, soprattutto in montagna. Con lui ho vissuto un periodo indimenticabile, mi ha dato tanto e anche la forza per continuare dopo la sua morte".
Erano persone preparate, che non lasciavano nulla al caso: "Walter come guida alpina conosceva pericoli e rischi – ha proseguito Manuela -: salire su un 8000 è un percorso fatto di allenamento, disciplina, studio di ogni aspetto nei minimi dettagli, incontro con i popoli del luogo. Lo aiutavo nel preparare le spedizioni, una fase che mi affascinava, poi quando era via, anch'io ero lì: mentre era sul K2 ero incinta, mi disse di mettere la cornetta del telefono sul pancione".
Ascoltando i racconti delle mogli, è emerso con semplicità il senso di libertà profondo che abitava nei loro uomini, per questo onorarne il ricordo significa riconoscere che Angelo, Walter e Karl non sono morti a causa di una passione, ma hanno capito, accettato e seguito il proprio sogno e, grazie alla loro passione, hanno vissuto intensamente ogni istante della loro vita, scegliendo di viverla davvero.
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In mezzo c'è la vita
Siamo nati e un giorno moriremo. In mezzo c’è la vita. Io lo chiamo il mistero, del quale nessuno di noi ha la chiave. Siamo nelle mani di Dio… e se ci chiama… dobbiamo andare. Sono cosciente che l'opinione pubblica non è del mio parere, poiché se veramente non dovessimo più ritornare, sarebbero in tanti a dire: "Cosa sono andati a cercare là?… Ma chi glielo ha fatto fare?". Una sola cosa è certa, chi non vive la montagna, non lo saprà mai! La montagna chiama!
(Karl Unterkircher in una delle ultime annotazioni al campo base, 28 giugno 2008)
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