“Autismo? Solo un modo di concepire il mondo»”

Gianluca Nicoletti, popolare autore e conduttore radiofonico è stato ospite lo scorso fine settimana a Rovereto in occasione dell'inaugurazione del centro Porte Rosse che accoglie bambini e ragazzi autistici, promosso dalla Cooperativa Il Ponte. Radio Trentino inBlu lo ha intervistato.

Nicoletti, perché ha deciso di rendere pubblica, ora anche con un secondo libro, la sua esperienza di contatto con l’autismo attraverso suo figlio Tommy?

Perché è ora che si cominci a considerare l'autismo come una caratteristica dell'esistere simile a qualsiasi altro modo di concepire il mondo. L'autismo non è una persona da tener nascosta e che per la sua diversità debba avere una vita totalmente fuori dal contesto sociale. Ho visto troppa vergogna, troppo timore, quasi si dovesse chiedere scusa al mondo del fatto che si abbia un autistico in famiglia. Un autistico è come nasca un figlio con gli occhi neri, azzurri o biondi; è un ragazzo che ha una visione del mondo diversa che però può avere una vita più che felice. Anzi, nella sua dimensione di percepire il mondo, può essere estremamente più felice rispetto a un altro ragazzo che magari è neuro tipico ma con un'infinità di altri problemi.

Dove si deve migliorare, a livello di servizi pubblici, per dare risposte più efficaci alle persone autistiche e alle loro famiglie?

In Italia siamo a livello medievale rispetto all'autismo, non sappiamo nemmeno quante persone in questo Paese hanno questo problema, come sono distribuite, non sappiamo qual è il livello di soddisfazione delle famiglie e dei servizi, se il problema è affrontato in maniera seria, scientificamente supportata. Ci sono ancora persone che vedono un bambino autistico e dicono "Ma dai, prima o poi parlerà, non c'è bisogno" oppure mandano la madre dallo psicanalista, come se fosse un problema della madre. Un ragazzo autistico, se individuato e preso in momento precoce, può essere un ragazzo con una vita molto attiva. Importante dargli autonomia il più possibile, non tenerlo nascosto e magari sperare che prima o poi accada il miracolo. I miracoli accadono quando c'è un impegno generale cognitivo, non si può far finta che il problema rimanga alle famiglie.

Il nuovo centro “Porte Rosse” si rivolge soprattutto ad autistici e famigliari: cosa la colpisce di più di questa iniziativa trentina?

Vedo realizzato spontaneamente il sogno di creare l'”insettòpia” per i ragazzi autistici. L'insettòpia è la terra dell'utopia nel film "Bug's Life", in cui c'è questa formichina che trova un paradiso di briciole che non sono altro che gli avanzi di un pic-nic, ai margini di Central Park. Tutte le volte che vedo che con gli avanzi di un pic-nic del “grande mondo” viene creato il paradiso per alcune persone vuol dire che la soluzione c'è: creare degli spazi di felicità inclusivi, in cui l'autistico abbia modo di esprimere al massimo il suo talento, il suo desiderio, la sua visione gioiosa del mondo.

Quale consiglio si sente di dare a un genitore, come lei, di un figlio autistico?

Un numero importante di genitori non accetta di avere un figlio autistico: se lo ha fatto vuol dire che sta già lavorando bene per il suo figlio. Il consiglio è trovare altri genitori con il problema simile al loro, cominciare a fare un gruppo e poi lentamente allagarsi, pretendere spazi, attenzione e risorse. Il problema di ognuno di noi genitori è che i nostri figli ci sopravviveranno e noi dobbiamo pensare, finché ancora siamo vivi, a costruire il mondo che rimarrà loro.

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