La commossa folla che lunedì 18 aprile lo ha accompagnato nel funerale a Povo ha riconosciuto in Pier Giorgio Rauzi la grande forza morale, il battagliero impegno civile, la radice di una spiritualità esigente e raffinata. Ha giocato con tenacia solandra (era nato a Malè il 29 aprile 1937) anche quelli che chiamava “i tempi supplementari”, concessigli dalla malattia, dedicandosi a ricerche e analisi, colloqui e pubblicazioni. Come “Il secolo breve”, il libro scritto con i ricordi della madre centenaria e dedicato ad Anna, ultima dei quattro figli. Lo considerava “un testamento spirituale” – come disse a radio Trentino inBlu e Vita Trentina – quasi un riepilogo della sua vita sbocciata in val di Sole, maturata in Seminario (ne aveva raccolto anche alcune “cronace clericali”) e negli “anni caldi” come cappellano di don Dante Clauser nella canonica di San Pietro. Poi il confronto aperto con mons. Gottardi, la scelta di lasciare il ministero ritrovandosi ad esercitare per anni l'insegnamento nella sociologia dei processi culturali, anche autore apprezzato. Un tema-titolo su tutti? “La morte allo specchio”.
Amante dell'analisi critica, coltivò passioni forti come il cinema (per tanti anni critico da quotidiano e animatore del Cineforum cittadino) e il canto popolare (indagò lo sviluppo della coralità trentina così come quello della zootecnica grazie agli strumenti della ricerca sociale), ma non fu mai un intellettuale distaccato. Voleva sporcarsi le mani: lo fece in politica come consigliere comunale a Trento, nella cultura di frontiera (dirigendo la rivista L’Invito) e anche nella chiesa, dentro la comunità di San Francesco Saverio. “Dobbiamo saper raccogliere i tanti aspetti della sua testimonianza culturale di spirito conciliare”, ha commentato l'amico Marco Zeni a radio Trentino inBlu, mentre l’Arcivescovo Lauro Tisi lo ha ringraziato domenica scorsa con queste parole: “Grazie per le tue provocazioni che ci hanno aiutato a ragionare sui problemi con una mente più aperta. Quando il Padre ti accoglierà con le tue braccia, penso che ti dirà: ‘Vieni, Pier Giorgio, riposa, sei stato proprio bravo’”.
Alla moglie Teresa e ai quattro figli la vicinanza cristiana anche della nostra redazione, dove volentieri si fermava a dialogare o a fornire utili consigli ai colleghi più giovani, sempre puntuale e ficcante nell'analisi storica, ma anche appassionato dall'esercizio di quella che chiamava una “memoria sofferta, prima che diventi storia”.
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