Baruffe politiche e problemi reali

La prima pagina del quotidiano “La Stampa” di martedì 24 settembre

L’Istat ha certificato per il triennio 2021-2023 un incremento dell’economia che ci fa recuperare i deficit che si erano avuti dopo la crisi del 2007 e dopo quella per il Covid, ma, come si è affrettato a puntualizzare Giorgetti, non ci sono “tesoretti” per lanciarsi in regalie a fini di raccolta del consenso. Si punterà, più che giustamente, a mantenere quelle misure che aiutano le persone a reddito più basso (il taglio del cuneo fiscale) e un pochino il ceto medio (qualche modesta sforbiciata alle tasse per quelle categorie).

Per il resto sarà opportuno stare coi piedi ben piantati per terra: non solo perché le nuove norme europee ci impongono di presentare un piano di bilancio per i prossimi sette anni con una riduzione del deficit (e già così i margini di manovra saranno ridotti), ma anche perché dobbiamo portare avanti i piani del PNRR, che derivano da prestiti europei. Con un più che probabile commissario italiano che a Bruxelles presiederà a questo settore, sarebbe veramente poco serio mettersi nelle condizioni di venir sanzionati da lui. Fra il resto si tenga conto che col nostro deficit abbiamo sempre bisogno di accedere al mercato internazionale dei prestiti, e per farlo a condizioni non di strozzinaggio dobbiamo dar prova ai futuri creditori di grande oculatezza.

Questi sono i problemi seri del Paese, di cui i partiti, a parte qualche lodevole eccezione, discutono davvero poco. Prevalgono sempre o i piccoli traffici o le baruffe senza senso, spesso entrambe.

Sul primo fronte c’è ovviamente il sempiterno problema delle nomine. Dovrebbero incombere quelle per i vertici della RAI, ma per quel che se ne sa non sembra si riesca a trovare la famosa quadra fra i partiti che formano la coalizione di governo. Poi ci sarebbe il problema di integrare la Corte Costituzionale con la nomina di un giudice in sostituzione di uno che da tempo ha terminato il suo mandato. Mattarella è intervenuto definendo questo ritardo un vulnus alla Costituzione, ma non è che la maggioranza si sia impressionata.

Per la verità il presidente della Camera Fontana ha previsto convocazioni settimanali per provare a sciogliere il nodo, ma sino ad ora sembra che tutti attendano che finiscano il mandato altri tre giudici: così si avrebbero quattro posti da negoziare, uno per ciascun partito della maggioranza e uno per le opposizioni. Non sarebbe proprio un bel vedere, ma ora qualcuno ha fatto i conti ed ha scoperto che forse l’attuale maggioranza rinforzata da transfughi vari potrebbe avere da sola il quorum per nominarsi chi vuole già alla prossima votazione: staremo a vedere.

Si tratta comunque sempre di manovre fra forze che non sono esattamente animate da un grande spirito di solidarietà, se non da quello di stare al governo il più a lungo possibile.

Salvini non smette di perseguire una sua politica di populismo di destra, come mostra non solo il suo atteggiamento nel processo a Palermo che lo riguarda, ma anche nel rafforzare i suoi legami con l’ungherese Orban che è andato a trovare a Budapest e che gli restituirà la visita a Pontida. Non proprio un gesto amichevole verso Giorgia Meloni, ma neppure una iniziativa che può aiutarci in Europa, dove abbiamo tutto l’interesse a non incrinare la nostra posizione che al momento non è messa male.

Sul fronte dell’opposizione non è che le cose vadano molto bene. Il pasticcio in atto dentro i Cinque Stelle spinge Conte ad arroccarsi su una posizione di presuntuoso isolamento: non gli va bene il campo largo che si apre ai centristi, punta a spaccare il PD sulla questione delle armi all’Ucraina inventandosi un pacifismo di facciata, strizza l’occhio all’estrema sinistra di AVS. Poi, tanto per verificare quanto di serio c’è in queste posizioni, sta in alleanze di campo largo in Emilia Romagna (come fa da molto tempo) e anche in Umbria e Liguria (con qualche impennata verbale tanto per salvare la faccia).

Si capisce che è una collocazione che gli serve per non prestare il fianco alle incursioni di Grillo, che lo accusa di tradire l’anima del movimento, ma non siamo convinti che cambierebbe dopo essersi garantito col futuro congresso il controllo completo di M5S o di quel che ne resterà. Se poi, come sembra da alcuni sondaggi, davvero i Cinque Stelle avessero una visibile flessione elettorale alle prossime regionali, è probabile che questo accrescerebbe la voglia di arroccamento di Conte e dei suoi.

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