Questione di remake. È una prassi sempre più consolidata, soprattutto tra l’Italia e la Francia, quella di riprendere titoli forti usciti sul mercato internazionale e adattarli, con una moderata libertà e giuste contestualizzazioni, nell’orizzonte spettatoriale italiano. Basta richiamare il successo di “Benvenuti al Sud” (2010) di Luca Miniero, dal francese “Bienvenue chez les Ch’tis” (2008) di Dany Boon. Più di recente “Mamma o papà?” (2017) di Riccardo Milani, rivisitazione del film “Papa ou Maman” (2015); e sempre di Milani “Corro da te” (2022) e “Grazie ragazzi” (2023), il primo è il remake di “Tout le monde debout” di Franck Dubosc e il secondo di “Un triomphe” di Emmanuel Courcol. Dal 29 agosto è uscita la commedia romantica “Finché notte non ci separi”, diretta da Riccardo Antonaroli, con protagonisti Pilar Fogliati e Filippo Scicchitano, affiancati da Giorgio Tirabassi, Lucia Ocone, Valeria Bilello e Francesco Pannofino. Passata in anteprima al 70° Taormina Film Festival, l’opera è l’adattamento della commedia israeliana “Honeymood” (2020) firmata da Talya Lavie. A curare il copione italiano sono Roberto Cimpanelli, Giulia Martinez e Susanna Paratore.
Roma, notte. Eleonora (Fogliati) e Valerio (Scicchitano) si sono appena sposati. Sono in un lussuoso albergo della Capitale per trascorrere la prima notte di nozze. Salgono in stanza, stanchi e felici per la giornata; quando aprono qua e là dei regali, qualcosa va storto: spuntano “irrisolti” dal passato che li portano a mettersi in macchina in cerca di risposte, andando a bussare alla porta di ex fidanzati o familiari… Un viaggio sentimentale che dura tutta la notte.
Il racconto ha un andamento scorrevole e agile, anche se si inceppa in più di un’occasione per forzature narrative, per soluzioni che appaiono sovraccariche o improbabili. I due neo-sposi sperimentano con troppa facilità la caduta dalla gioia del matrimonio, dalla felicità dell’unione di coppia, in una vertigine asfittica di dubbi brucianti che riguardano fedeltà, sincerità e l’ingombrante presenza di amori appartenenti al passato.
La linea del racconto è accattivante, perché evidenzia come l’insicurezza nelle relazioni e la fragilità del dialogo rischiano di tramutarsi in pericolose trappole emotive per la vita di coppia. Il film poggia interamente sull’interpretazione della Fogliati e di Scicchitano, che con mestiere e genuinità portano a casa il risultato, ben coadiuvati da comprimari esperti, soprattutto nel maneggiare un umorismo brillante (Tirabassi, Ocone e Pannofino); emergono però delle mancanze nell’ossatura del racconto che ne indeboliscono compattezza e risultato. Peccato. Nel complesso la commedia è un titolo d’evasione che si direziona principalmente verso un pubblico adulto capace di gestire il tema in campo e le sue sfumature.
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