E’ stato appassionato l’invito giunto da padre Jean Marie Carriere e da padre Camillo Ripamonti a guardare la questione dei rifugiati e dei richiedenti asilo da una prospettiva nuova, al tempo stesso razionale. In Germania, per dire, c’è un rifugiato ogni 500 persone residenti; in Veneto uno ogni 2500. La stessa iniziativa di Frontex mira innanzitutto a proteggere le frontiere e non ad accogliere le persone.
E’ l’idea stessa di frontiera – è stato ribadito – che deve cambiare: non la linea che fa divisione, ma un luogo dove si incontra l’altro. E’ il senso più autentico dell’ospitalità. E il responsabile del Centro Astalli di Roma, padre Camillo, lo ha ripetuto con forza: io che credevo di essere ospitale, mi sono ritrovato “ospitato” da questa gente che ha alle spalle storie difficili nel cuore delle quali spesso è stato rotto ogni rapporto di fiducia, da quando se ne sono andati dalla loro terra e via via nel travaglioso itinerario che ne è seguito. Perché queste storie non coinvolgono le nostre vite? Però quando i ragazzi in qualche scuola conoscono da vicino qualche rifugiato qualcosa cambia, non rimangono indifferenti. Ed ha quindi invitato a saper andare al di là dei numeri: alle storie vissute, le testimonianze, le figure umane che stanno innanzi ad ogni percorso.
E’ parso molto bello quello che stanno facendo molte comunità religiose di Roma che seguendo l’invito di papa Francesco aprono le porte agli immigrati mettendo a disposizione intere ali, vuote, di conventi e monasteri. Una contaminazione che cambia l’idea stessa e la prospettiva dell’essere chiesa.
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