Incroceranno le braccia in tutta Italia il prossimo 23 settembre le lavoratrici e i lavoratori della sanità privata che, anche in Trentino, attendono il rinnovo del contatto da ben 6 anni. Sono oltre un migliaio gli addetti coinvolti nella nostra provincia, dipendenti degli ospedali San Pancrazio e San Camillo, le case di cura Eremo, Villa Regina, Villa Bianca, Solatrix, la Cooperativa Villa Maria e il Centro Franca Martini, che lunedì 23 si ritroveranno per un presidio sotto la sede di Confindustria, dalle 10 alle 13.
L’ultimo rinnovo del contratto nazionale risale al 2020 ed era relativo al triennio 2016-2018, spiegano Fp Cgil, Cisl Fp e Uil sanità, che hanno indetto lo sciopero a livello nazionale in modo unitario: “Sosteniamo convintamente la necessità di rafforzare la sanità pubblica e fermare la deriva privatistica come sta avvenendo anche in Trentino, per preservare il patrimonio di competenze e professionalità degli operatori del comparto pubblico e l’universalità del diritto alla salute. Allo stesso tempo siamo in campo per tutelare l’impegno e le professionalità dei dipendenti delle strutture private, senza i quali la sanità trentina sarebbe ancora di più in difficoltà” – sottolinea Luigi Diaspro, segretario generale di Fp Cgil, insieme a Marco Cont e Marco Mossolin che seguono il settore -. Il loro apporto è stato indispensabile durante il Covid quando le strutture pubbliche erano sull’orlo del baratro e lo è anche oggi con l’aumento dei bisogni di cura e le liste d’attesa in grave affanno. Eppure, nonostante il percorso di omogeneizzazione iniziato con l’ultima tornata contrattuale, le loro buste paga sono generalmente più basse di quelle dei colleghi che operano nelle strutture pubbliche. Una disparità di trattamento che non è accettabile e che è stata, se possibile, resa ancora più odiosa con la gestione Covid: l’impegno e il sacrificio di questi professionisti non è stato riconosciuto dalla Provincia con il premio Covid come fatto col pubblico. Una grave discriminazione”.
A livello nazionale il contratto è fermo perché le associazioni datoriali, Aiop e Aris, attendono la copertura delle risorse contrattuali da parte di Stato, Regioni e Province autonome. “Questo non può essere, non si usano i impropriamente i lavoratori nel rapporto di forza con l’ente pubblico, lavoratori che vedono il loro potere d’acquisto fermo e i carichi di lavoro e responsabilità in crescita”. In Trentino la questione riguarda strutture convenzionate i cui dipendenti contribuiscono a ridurre i tempi delle liste di attesa, garantire l’accesso alle cure attraverso visite ambulatoriali, esami specialistici, interventi di chirurgia, riabilitazione motoria, cardiologica, socio-educativa, neurologica, prolungamento del regime ospedaliero per le lungodegenze, oltre ad un forte contributo nella diagnostica, evitando ai trentini di spostarsi fuori provincia. “Le istituzioni, anche a livello provinciale, hanno precise responsabilità in questa situazione. Giunta e assessore devono rivedere con urgenza i parametri di presenza e assistenza a fronte del mutamento e dell’incremento dei bisogni di cura e di assistenza a seguito dell’invecchiamento e dell’aumento delle cronicità. Non si può poi pensare spingere sul settore privato, impoverendo ulteriormente la sanità pubblica e sfruttando la condizione di maggiore debolezze delle lavoratrici e dei lavoratori delle strutture convenzionate”, concludono i sindacati.
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