Lavoratori in cassa integrazione impiegati in servizi a beneficio della comunità. Disoccupati che si impegnano in azioni di volontariato. E’ la nuova frontiera del welfare, capace di responsabilizzare chi si trova nel bisogno
Lavoratori in cassa integrazione impiegati in servizi a beneficio della comunità. Disoccupati che ricevono contributi di sostegno al reddito che in cambio si impegnano, per un certo tempo, in percorsi formativi, azioni di volontariato, laboratori occupazionali. A partire dall'intuizione della Fondazione Zancan di Padova, che per prima ha parlato, fin dal 2012, di “welfare generativo”, ha cominciato a farsi strada l'idea di una nuova forma di “Stato sociale” che invece che limitarsi al puro assistenzialismo cerca di coinvolgere attivamente le persone che ricevono aiuto.
Al dibattito, tenuto vivo anche dalle prese di posizione del ministro del Lavoro, Poletti, che in più occasioni ha ribadito: “Nessuno a casa a fare niente”, ha portato significativi contributi il convegno promosso dal gruppo Fuci di Trento insieme alla Scuola di preparazione sociale (Sps) e con il patrocinio dei Comuni di Trento e di Rovereto mercoledì 15 aprile nell'Aula 16 di Sociologia.
Posto che l’attuale sistema di welfare non è più in grado di rispondere ai bisogni di una società che vive una profonda crisi – non solo economica, quali possono essere le strade nuove da percorrere?
Abbandonare la tradizionale logica assistenzialistica, prevedere una partecipazione diretta delle persone dicendo loro "non posso aiutarti senza di te"; privilegiare l’efficacia responsabilizzando le persone: in sintesi, sono queste le indicazioni emerse dall'intervento di Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan di Padova. La proposta di welfare generativo elaborata dalla Fondazione riscuote sempre maggiore consenso e apprezzamento da parte di molte amministrazioni pubbliche in Italia, come hanno testimoniato gli amministratori pubblici intervenuti al convegno, portando alcuni esempi di “pratiche generative” che si cominciano a mettere in atto: recuperando risorse per favorire lo stesso sistema di welfare e, nel contempo, rendendo attivi i destinatari degli interventi di sostegno, facendo loro svolgere lavori a servizio di tutti che, oltre tutto, danno valore alla loro stessa esistenza.
E' una prospettiva, ha incoraggiato Emanuele Rossi, professore di Diritto Costituzionale della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che ha fondamenta giuridiche e costituzionali. Si tratta, ha precisato, di procedere non in un’ottica “di lavoro”, ma di servizio, coinvolgendo non la pubblica amministrazione ma piuttosto quel terzo settore, che oggi soffre anch’esso la stretta della crisi economica e il calo di risorse.
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