L'aereo fu colpito mentre rientrava alla base e cadde vicino a Ravina. Dell'equipaggio, sette morti e quattro superstiti. Un dubbio: c'era anche un clandestino a bordo?
L'aereo era stato colpito verso mezzogiorno da parte della contraerea della Flack appostata nei pressi di Cognola. Si trovava a circa 10 mila metri di altezza ed è esploso in volo sopra i cieli di Trento, dopo aver sganciato il suo carico di bombe su Vipiteno dove erano concentrati uomini e carriaggi del Terzo Reich in disfatta, prossimi a raggiungere il confine con l'Austria.
Solo quattro membri dell'equipaggio, di cui uno con una gamba fratturata, riuscirono a salvarsi grazie al paracadute. I sopravvissuti furono arrestati dalla “Gendarmeria”.
Il mattinale indirizzato al Commissario prefettizio (Adolfo De Bertolini) precisa che il 20 aprile erano stati registrati in città cinque segnali di allarme aereo a partire dalle 7.35 fino alle 21.55. Si apprende poi che durante il terzo grande allarme dalle 11 alle 13.15, dalla “locale Flack”, la speciale forza militare antiaerea eretta dai tedeschi con il Cst (Corpo di sicurezza trentino) a difesa dell'Alpenvorland, “è stato abbattuto un apparecchio nemico che è caduto a pezzi fra la località di S. Nicolò e Costa nel sobborgo di Ravina”. Un pezzo d'ala piena di carburante era precipitata sul tetto di uno degli edifici in località S. Nicolò di proprietà della Mensa Arcivescovile, “abitata dal mezzadro Ciurletti Giovanni fu Giuseppe d'anni 69” con alle spalle una famiglia di ben 10 componenti. Furono ridotti in cenere anche una tettoia e un fienile dei “mezzadri Belli Giuseppe fu Giovanni, d'anni 40 e Scandella Modesto fu Vito d'anni 79, causando loro un danno di circa un milione” al foraggio, granaglie, mobili, carri, attrezzi rurali e una vitella.
Sul posto dopo l'allarme sono intervenuti i Vigili del fuoco, la Gendarmeria e la Polizia trentina. “A bordo dell'apparecchio – continua il Rapporto – si trovavano undici persone di cui sette sono state rinvenute morte nella località Costa di Ravina che sono state trasportate alla camera mortuaria del civico camposanto e quattro sono atterrate con il paracadute fra Ravina e Romagnano delle quali tre sono rimaste illese e una ha riportato la frattura di una gamba che sono state tosto arrestate dalla Gendarmeria”.
Al momento della pioggia di corpi e pezzi di velivolo, Vittorio Andreaus, dodicenne, era in casa con la mamma Alice e gli altri tre fratelli. Abitava a due passi da Villa san Nicolò in una delle residenze rurali dei Conti Thun, proprietari di quasi tutta la campagna in località Costa. Suo padre Luigi era l'amministratore della nobile famiglia del ramo dei Thun di Castelfondo.
Andreaus indica ancora con precisione i vari punti dei terreni agricoli, in parte oggi occupati dalle viti, dove sono caduti i corpi degli aviatori creando un piccolo cratere nel terreno appena arato, il posto dove un motore è rimasto avvolto dalle fiamme per 24 ore, la casa al numero 6 di Villa San Nicolò andata a fuoco. Qualcuno di Ravina – confessa Andreaus – era accorso per recuperare oggetti militari anche personali sparpagliati dappertutto.
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