Parte in salita la nuova legislatura della rinominata presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Appena ricevuta l’investitura ufficiale dal Parlamento europeo la presidente aveva chiesto ai governi dei 27 di proporre due nominativi, uno maschile e l’altro femminile, con l’evidente scopo di mantenere l’equilibrio fra i generi. Nella precedente Commissione, infatti, la von der Leyen era riuscita ad aver ben 13 commissari donne, quasi la metà. In questa tornata le donne saranno, dopo ripetute pressioni, al massimo dieci e solo la Bulgaria ha seguito la richiesta della presidente di due candidature fra cui scegliere. Ogni paese è più interessato ai propri equilibri politici interni che a soddisfare la giusta preoccupazione della presidente. Il che la dice lunga sul crescente nazionalismo e sovranismo all’interno dell’Unione.
Unica speranza per von der Leyen di raddrizzare l’equilibrio di genere sta negli hearing (veri e propri interrogatori) che il Parlamento europeo farà nei prossimi giorni, cacciando i candidati incompetenti e privi delle necessarie qualifiche. Ma al di là di queste scaramucce non proprio secondarie, la prossima legislatura si presenta certamente una delle più complicate degli ultimi decenni.
La guerra in Ucraina, dagli esiti ancora incerti, continua a rappresentare una minaccia alla sicurezza dell’Europa. A ciò si aggiunge la crisi in Medio Oriente, priva per ora di prospettive di soluzione politica e con rischi di regionalizzazione del conflitto israelo-palestinese. Persiste, inoltre, una competizione strategica e globale fra Usa-Cina, destinata ad avere conseguenze anche sull’Europa, indipendentemente da quale sarà l’esito delle elezioni americane. Numerosi sono inoltre i conflitti locali o regionali, in una situazione di crisi del sistema multilaterale e delle istituzioni internazionali. Non mancano infine incognite collegate al voto negli Usa e alle sue possibili conseguenze sui rapporti transatlantici.
La legislatura si avvierà anche in una situazione di crescita economica debole, soprattutto in Europa, di rallentamento del commercio internazionale, di rischio crescente di misure protezionistiche e in presenza di un serio problema di demografia.
In un contesto, quindi, tendenzialmente non favorevole all’affermarsi di un protagonismo europeo, anche perché, in questi ultimi anni, l’Europa ha perso di peso e di ruolo.
Secondo quanto anticipato da von der Leyen nel suo intervento al Parlamento europeo, nella prossima legislatura l’Ue dovrà definire e attuare una strategia di rilancio della competitività, che consenta di sviluppare maggiore capacità di innovazione e sviluppo di tecnologie abilitanti, di ridurre le eccessive dipendenze cosiddette strategiche, di riportare al centro dell’agenda il tema della sicurezza economica. Una strategia che dovrebbe prevedere un ambizioso programma di completamento del mercato interno, da integrare con una serie di misure mirate al rafforzamento della competitività dell’industria e dei servizi dell’economia europea, anche sulla base dei rapporti di Enrico Letta e Mario Draghi. Decarbonizzazione e transizione energetica rimarranno una priorità dell’Ue. Sarà però necessario conciliare il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal non solo con politiche mirate a realizzare una maggiore competitività dell’economia europea, ma anche con una crescente attenzione al tema delle compensazioni dei costi economici e sociali dei processi di decarbonizzazione e delle misure destinate a stimolare investimenti pubblici e privati per coprire i costi della transizione “green” e dello sviluppo di tecnologie verdi.
Nell’agenda dell’Ue figurerà anche il tema della difesa europea, anche perché le criticità del quadro internazionale hanno sottolineato la necessità che l’Europa assuma maggiori responsabilità in questo campo. Tale obiettivo andrà declinato soprattutto come rafforzamento del pilastro europeo della Nato, consolidando le capacità nazionali al servizio di missioni comuni, spendendo di più e meglio per la difesa, migliorando l’interoperabilità e le sinergie tra forze armate nazionali, e promuovendo un mercato interno e una base comune europea per l’industria della difesa.
L’Ue dovrà poi contribuire a gestire il fenomeno ormai strutturale dei flussi migratori conciliando sicurezza delle frontiere esterne ed esigenze di un mercato del lavoro che ha sempre più bisogno di manodopera straniera, come conseguenza di un evidente declino demografico del vecchio continente.
Infine, l’Ue, che si è impegnata solennemente per una nuova fase del processo di allargamento, dovrà garantirne il successo adottando contestualmente riforme delle modalità di funzionamento delle proprie istituzioni e delle maggiori politiche comuni. Con l’obiettivo di evitare che l’arrivo di nuovi membri provochi paralisi dei meccanismi decisionali già oggi in crisi o reazioni di rigetto da parte di opinioni pubbliche interne preoccupate rispetto al funzionamento di alcune politiche comuni. In sintesi, una serie di sfide di straordinario rilievo che richiederebbero condivisione delle strade da perseguire in sede europea e determinazione ad agire con unità di intenti. Cosa davvero non scontata oggi.
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