Le grafiche spezzettate, i primi piani di fiori o animali ed il nuovo formato “saluti da” ci accompagnano negli anni ’90. Gli anni Ottanta hanno sdoganato la cartolina come strumento di promozione a disposizione di chiunque e con il fiorire delle settimane bianche per la stagione invernale, alternato al proliferarsi delle lunghe estati (quelle delle seconde case e delle “colonie”), la pratica di inviare cartoline era diventata ormai un rituale che scandiva i lenti ritmi delle vacanze dei villeggianti. E allora, perché non potevano essere direttamente le singole strutture a fornire ai loro ospiti un’occasione di condivisione?
La semplicità con cui il mezzo-divulgativo-cartolina veniva stampato e riprodotto, ha fatto sì che hotel, rifugi, malghe, agritur e persino singoli bar potessero rivelare al mondo i loro interni rusticamente lignei e gli esterni non troppo curati oltreché le loro ubicazioni esatte. Le strutture arrivavano a regalare ai propri ospiti le cartoline che probabilmente avrebbero comunque comprato ed inviato se non altro per adempiere al senso del dovere verso i propri cari rimasti a casa o per portare avanti quella tradizione di souvenir-postale divenuto nel mentre una forma primordiale ed autentica di condivisione.
Le cartoline di fine millennio sembrano avere smania di comunicare più cose, appaiono come sopraffatte dalle infinite possibilità che iniziano a comporre l’offerta turistica e contagiate dalla scia di ottimismo degli anni Novanta. Lo spazio sul cartoncino di 10,5 per 15 centimetri non basta più per racchiudere tutti gli elementi che caratterizzano i luoghi e questi iniziano a moltiplicarsi in un collage di dettagli, panorami, attività sportive e gastronomiche. Si coglie l’esigenza di volere condensare quanto più possibile in un unico spazio per far risaltare agli occhi del mittente tutte le peculiarità del posto. È così che attraverso scelte grafiche – oggi abbastanza discutibili – e tinte sempre più nitide, tutti gli elementi paesaggistici, ingegneristici o naturalistici appaiono indispensabili per raccontare l’unicità del luogo da cui si inviano i “saluti”.
È questa nuova esigenza narrativa che segmenta lo spazio sulle cartoline ed alimenta, per mezzo di griglie, cerchi ed ellissi, la voglia di Trentino da parte dei destinatari. Prendendo in analisi, ad esempio, la cartolina dall’Agritur Malga Albi sopra Garniga, a 1285 metri (andato bruciato nel 2018 e da allora caduto in sostanziale abbandono), traspare un’immagine innocente di attività “normali” per chi vive in Trentino ed ha un minimo di sintonia con le malghe, ma “paranormali” per chi a cavallo non ci sa andare e di caglio e polenta è poco esperto.
È altrettanto candida la cartolina che ci invia saluti da Grumes e che vede due bambini vestire quelli che oggi chiameremmo “abiti tipici” dinnanzi ad un capitello di legno. La bambina porta dei fiori in una gerla, il bambino, più piccolo in statura, sembra rivolgere al Cristo in croce un cappello da Alpino. Sono loro a mandarci i saluti da Grumes o è Grumes stessa con la sua chiesa vuota ed il suo parcheggio pieno di colorate auto ad invitarci a scoprire la sua semplicità? Il panorama del paese completa il quadro dando un’immagine statica di quello che sappiamo essere un paese “di passaggio” nel mezzo della Valle di Cembra, quasi a richiamare l’attenzione del visitatore e ad invitarlo a fermarsi.
Risalendo la Valle e proseguendo per la Magnifica comunità di Fiemme, sfociamo in Val di Fassa con un’altra cartolina, questa volta da un’innevata Canazei. Il tenore che emerge dall’insieme è di stampo prettamente dolomitico. Nelle cartoline di quest’epoca si suggellano le Dolomiti sciistiche, e con loro gli hotel dal tetto spiovente seminati tra le case, la strada e le piste da sci poco battute. Gli sciatori-atleti sfrecciano, mentre gli amatori che affollano le piste si godono l’eterno panorama del Sassolungo e la magia di una terra che sembra voler toccare il cielo, almeno quanto basta da potervici recapitare i suoi saluti.
(5 – continua)
Lascia una recensione