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Anche i rappresentanti della società civile possono ispirare cambiamenti che promuovono i diritti umani e la responsabilità civile. Come? Tramite azioni legali, il cosiddetto “contenzioso climatico”, una pratica che si sta diffondendo nella scena giuridica internazionale come uno strumento per forzare i governi a rispettare l’Accordo di Parigi.
Quando parliamo di contenzioso climatico ci riferiamo a cause in cui il cambiamento climatico e i suoi impatti sono fattori alla base delle argomentazioni legali e delle decisioni delle corti.
Negli ultimi anni l’utilizzo delle “liti” è diventato uno strumento diffuso in tutto il mondo per richiedere ai governi di agire per proteggere i cittadini dalla crisi climatica, utilizzato da così tante comunità e singoli da essere ormai considerato un movimento globale. La maggior parte delle cause si concentrano sulle violazioni dei diritti umani che sono garantiti sia da leggi nazionali sia da principi derivanti dal diritto internazionale come il diritto alla vita, il diritto alla salute, il diritto a cibo e acqua e il diritto a un ambiente sano e pulito. Per giungere alla realizzazione di questi scopi ci possono essere vari tipi di controversie, ma la più popolare è quella che cerca di aumentare la riduzione di emissioni di gas serra (GHGs) da parte degli stati nazionali e che a livello internazionale promuove l’avvicinamento agli obiettivi dell’UNFCCC.
Ci sono molti vantaggi che derivano dallo sfruttamento degli strumenti forniti dal sistema giudiziario, soprattutto quando i giudici sono veramente indipendenti e, quindi, capaci di influenzare le leggi e le policy di governo. Tessa Khan del Climate Litigation Network ha descritto il contenzioso come un’arma per smascherare le menzogne con cui il governo cerca di scusare le scelte che, al posto di avanzare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, innalzano le emissioni di CO2.
Una causa giuridica portata all’attenzione dei politici e dell’opinione pubblica ha come vantaggi principali la possibilità di dimostrare in modo chiaro ed esaustivo le conseguenze negative dei cambiamenti climatici. Questo avviene quando si sfrutta la struttura del processo che si compone anche di descrizioni di fatti e di interventi di natura scientifica portati da esperti nel settore.
Il secondo vantaggio implicito è quello di arrivare ad umanizzare un problema che rimane distante dalla preoccupazione pubblica, come quello dei cambiamenti climatici, grazie soprattutto alla partecipazione attiva di famiglie e singoli. Molti di loro spesso non hanno nemmeno la speranza di ottenere un risarcimento dei danni che gli hanno portati ad intraprendere questo percorso, ma diventano il simbolo concreto delle conseguenza dei disastri naturali.
Molti esempi di casi, che sono stati presentati in varie corti europee e mondiali o che stanno per ricevere un verdetto a breve, sono stati portati alla nostra attenzione, tramite l’intervento di giovani querelanti, durante l’evento “I diritti umani e climatici di tutti: Come rende responsabile il governo per la mancanza di azione climatica?”.
Louise Fournier, Consulente Associato per i contenziosi legati alla giustizia climatica nella sezione sud-est asiatica dell’associazione Greenpeace, ha descritto con entusiasmo il traguardo raggiunto con la presentazione di una petizione davanti alla Commissione per i Diritti Umani delle Filippine contro le più grandi compagnie di produttori di petrolio, gas naturali, carbone e cemento. Il caso “Greenpeace Southeast Asia e altri v. Carbon Majors” (https://www.greenpeace.ch/wp-content/uploads/2016/06/Carbon-Majors.pdf) vuole essere lo strumento per arrivare a mostrare quanto queste corporazioni abbiano contribuito all’emissione globale di gas serra e a tutte le relative conseguenze. E’ la prima indagine nazionale sui diritti umani portata alla luce da un gruppo di 14 organizzazioni con l’appoggio di agricoltori filippini, pescatori, attivisti dei diritti umani e sopravvissuti al tifone Haiyan del 2013. Molti di loro sono stati chiamati a testimoniare sulle difficoltà che hanno dovuto affrontare proprio a causa dei cambiamenti climatici. La Commissione dovrebbe pronunciarsi nel 2019. Un responso positivo permetterebbe, non tanto il risarcimento, quanto la prevenzione di danni ulteriori, forzando i politici a legiferare riguardo alla responsabilità delle grandi industrie.
Un caso che ci tocca da vicino è la lite sul clima che ha raggiunto le corti tedesche nell’ottobre 2018, detto German Climate Case (https://www.greenpeace.de/sites/www.greenpeace.de/files/20181101-greenpeace-legal-summary-climate-case-english.pdf). Tre famiglie supportate da Greenpeace Germania hanno proposto una causa avverso il governo federale tedesco per aver violato la Costituzione negli articoli che sanciscono il diritto alla vita e alla salute, nonché i diritti di proprietà e libertà professionale. L’accusa è di aver fallito nel ridurre l’emissione di gas serra nella misura che era stata concordata nella Decisione Europea vincolante EU Effort Sharing (406/2009/EC), con obiettivi da completare entro il 2020. Il governo viene criticato aspramente per aver abbandonato troppo presto lo sforzo di proteggere i cittadini con la scusa dell’impossibilità di raggiungere il traguardo imposto. I cambiamenti climatici hanno direttamente minacciato lo stile di vita di questi nuclei famigliari, quando le loro fattorie biologiche, situate nelle “Altes Land” vicino ad Amburgo, a Brandeburgo e sull’isola di Pellworm, sono state gravemente colpite da parassiti, prima di allora sconosciuti in quelle regioni e eventi climatici estremi. Lisa Goeldner, esperta di energia e clima presso Greenpeace Germania, che ha descritto il caso, ha detto: “I querelanti non cercano risarcimenti, ma protezione”.
Questi e molti altri esempi sono stati recentemente raccolti in una guida alla giustizia climatica,”People’s Guide” (https://storage.googleapis.com/planet4-international-stateless/2018/12/9e855f60-peoples-guide_fnl.pdf) presentata da Greenpeace proprio qui alla COP24, dove molti altri giovani cercano informazioni per avvicinarsi a questo tipo di attivismo per proteggere il loro paese dalle scelte sbagliate della politica. Il contenzioso climatico, nonostante possa essere giudicato uno strumento troppo lento e dispendioso, viene considerato di grande impatto per diffondere conoscenza su un tema troppo spesso ignorato. Avvocati, organizzazioni, personaggi famosi sono soggetti che in molti casi contribuiscono a mantenere vivo l’interesse per queste cause e a raccogliere i fondi necessari alla “battaglia”. Le varie attiviste presenti all’evento erano concordi nel dire come non sia tanto importante la vittoria ottenuta nella corte giuridica, quanto quella nella corte dell’opinione pubblica, che a sua volta potrà fare richieste al proprio governo.
Questo tipo di cause è solo una piccola parte del movimento globale che si sta diffondendo nell’ultimo decennio. Sono presenti oggi varie tipologie di contenziosi legati ai cambiamenti climatici, ma con scopi diversi tra loro, come le cause legate all’adattamento, ossia alla necessità dell’intervento del governo quando i disastri naturali hanno già colpito le comunità o le cause verso i privati e le industrie.
Un metodo alternativo per cercare di cambiare in modo effettivo le risposte degli stati all’emergenza “clima” è la riforma legislativa. Durante il side event “Supportare l’implementazione dell’accordo di Parigi tramite il contenzioso e le riforme legislative”, Martial Breton di CliMates (https://www.weareclimates.org/) ha presentato una rivoluzionaria proposta. CliMates sta cercando di spingere verso una riforma della Costituzione francese come opportunità per apportare miglioramenti nei principi ecologici e proporre una vera e propria Costituzionale Ecologica. Il loro piano è quello di inserire i temi del clima e della biodiversità nel Preambolo della Costituzione e di sottolineare il principio della non regressione, per fare in modo che i politici non possano tornare indietro rispetto agli impegni presi.
Noi giovani siamo stati ispirati da queste storie di attivismo e, come Louise Fournier ha rimarcato, siamo convinti che le cause climatiche siano il futuro della nostra generazione. Infatti, saremo noi “gli ultimi che avranno ancora la possibilità di attivarsi per evitare gli impatti peggiori del cambiamento climatico”.
Chiara Zambelloni e Marta Benigni
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