A Mezzolombardo il sociologo Fabio Folgheraiter indica i segnali positivi e le potenzialità che la crisi porta con sé
La ricchezza di un welfare povero. Sembra un gioco di parole, un paradosso. E' il sottotitolo del saggio “Sorella crisi” di Fabio Folgheraiter, professore di Metodologia del servizio sociale all’Università di Milano. Ed è anche il concetto attorno a cui si è mosso l'incontro-dibattito che Folgheraiter ha proposto martedì 2 dicembre all'Auditorium delle Scuole Medie di Mezzolombardo in chiusura del cineforum “A che punto è la notte?” promosso dall’associazione Noi Oratori.
Una notte di difficoltà, di crisi. Un buio che disorienta. La società moderna occidentale ci è piombata dentro senza preavviso (ma non senza colpe) nel 2009, senza il tempo di organizzare le contromosse per non affondare. Una crisi economica, ovviamente, che ha fatto implodere il “sistema” nella sua interezza. Stato sociale incluso. E' un welfare che parte dal presupposto di una importante disponibilità economica quello a cui siamo abituati: sussidi, finanziamenti, contributi. E se i soldi non ci sono? Meglio, sembra sostenere questa tesi. Diventa l'occasione per ridiscutere tutto e per recuperare quelle pratiche e quelle attenzioni svanite nella frenetica ricerca di ricchezza, di voglia di avere, e nell'egoismo del benessere personale. Il welfare può guadagnarci: la mancanza di risorse costringe ad ingegnarsi, a fare di più con meno, a trovare il percorso per far sì che quel poco possa diventare abbastanza. E la strada è la condivisione, la relazione.
Benedetta crisi, dunque, se aiuta a recuperare in un ambito come il sociale l'importanza del rapporto diretto, umano. Del contatto e della condivisione di esperienze.
Dobbiamo recuperare i valori di attenzione alla persona e di ricerca del bene comune, che fanno parte della nostra storia. La crisi non ce li ha fatti perdere, anzi. Li abbiamo traditi, soffocati in nome della ricchezza ad ogni costo. Abbiamo inventato un'abbondanza che non c'era, virtuale. Questa bugia è il peccato originale che ci ha portato al 2009. I buoni esempi nel passato non mancano, anche nella storia del piccolo Trentino. C'è don Lorenzo Guetti tra i volti che campeggiano alle spalle di Folgheraiter mentre parla. Con lui altri tre volti autorevoli: Albert Einstein, don Lorenzo Guetti, don Lorenzo Milani e papa Francesco. Insieme delineano un percorso: dal sottolineare le difficoltà dell'oggi (dove il denaro non è più un mezzo, ma il centro del nostro mondo, dice Papa Francesco), passando per le potenzialità del momento (“La creatività nasce dall'angoscia”, Einstein) all'indicare come rendere tutto possibile. Con la mutualità, l'unire le forze (l’auspicio di don Guetti) e il prendersi cura degli altri (l'insegnamento di don Milani): insieme per stare bene tutti. L’assistenzialismo ci rende egoisti e non è efficace: crea solo ulteriori disparità sociali. Bisogna recuperare la voglia di fare qualcosa perché il benessere possa essere per tutti. Quando si tocca il fondo funziona per il singolo sedersi attorno ad un tavolo, mettere a confronto esperienze ed idee, trovare l'appoggio negli altri. Sono gesti piccoli, meno costosi di una terapia. Poveri, se vogliamo. Ma capaci di portare ricchezza di relazione, autostima e senso di realizzazione in chi si costruisce una via d'uscita.
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