Sull'importanza di affrontare con determinazione nuova il tema del fine vita anche il pensiero laico compie significativi passi avanti. Lo testimonia il fresco intervento di Remo Bodei, 76 anni, filosofo della ragione e cultore di Hegel, che mercoledì 29 ottobre parlando a Milano ad un incontro sull'assistenza ai malati terminali ha detto fra l'altro che “occorre comprendere la vita di ognuno, avere rispetto davanti alla sua morte, accettarne la sua fede, le convinzioni e i dubbi. E questo sia chi pensa che la morte non abbia senso, sia in chi attende il compimento della promessa nell'aldilà in quanto 'cambio di residenza'. Esplicitamente per chi ha fede – ma nascostamente e pudicamente anche per chi non condivide attese religiose – forte è la seduzione dell'immortalità, il bisogno di una felicità senza fine, il desiderio di raggiungere quello che appare come una patria segreta a cui sembra di sentirsi chiamati”.

Secondo Bodei può e deve esserci anche una risposta “laica” a queste aspettative, che sta “nel non irriderle, nel comprendere appieno il senso, nel rendersi conto che la semplice negazione di queste speranze amputa nei malati terminali la loro umanità, che la morte è carica di significati simbolici che non si possono banalmente ridurre alla cessazione del respiro o dell'attività cerebrale”.

Bodei sottolinea quindi l'importanza dei farmaci e degli interventi medici – nell'accompagnamento dei malati terminali – ma anche del sostengo affettivo, morale, psicologico e fisico da parte di medici, infermieri, psicologici e fisioterapisti e nella costante presenza di familiari o amici che possano accompagnarli verso una fine dignitosa e sopportabile, evitando loro una morte straziante e solitaria, non abbandonandoli, ma facendoli sentire persone amate e rispettate. Si tratta di un'impresa di grande civilità, che mostra – al di fuori delle dispute ideologiche – cosa sia e cosa possa essere l'umanità al suo meglio”.