“Continua il peggioramento del numero di unità abitative effettivamente locate (si passa dall’86,6% del 2022 all’86% del 2023) e degli alloggi di risulta che continuano a cumularsi (da 1036 del 2022 a 1132 del 2023, quando nel 2018, prima dell’era Fugatti, erano 519!), nonostante la restituzione annua media sia costante da anni (attorno ai 400 appartamenti)”. A denunciare questa situazione è il consigliere provinciale del Partito democratico del Trentino Paolo Zanella, dopo che Itea ha pubblicato ieri (29 agosto) i dati del bilancio sociale 2023.
“Un dato preoccupante”, segnala ancora il consigliere provinciale, è quello delle domande di alloggio, passate in un anno da 2726 a 2812, e di contributo integrativo all’affitto, da 3591 aumentate a 3855.
“Peccato che poi la risposta sull’assegnazione di alloggi rimanga minimale (si pensi che ne sono stati riqualificati solo 337, meno che nel 2023, quando furono 351) e che i comuni debbano intervenire per coprire le domande di contributo all’affitto rimaste escluse o per integrare le quote insufficienti. Un disastro sociale che questa Giunta continua a non voler vedere. Non basta infatti stanziare risorse per ‘bandi booster’ se poi gli appalti non si è in grado di farli partire o approvare un piano strategico triennale Itea che prevede un numero di riqualificazioni annue che non recupererà mai la quantità di alloggi di risulta che si sono cumulati. Serve un po’ di ambizione in più”, aggiunge Zanella.
Secondo il consigliere provinciale del Partito democratico, che chiede all’assessore provinciale Simone Marchiori di convocare un Comitato sulla condizione abitativa, il dato più drammatico è un altro. “Come è possibile che un istituto di edilizia popolare aumenti in un anno le entrate da canoni – quasi tutti sociali – di quasi 2 milioni, passando da 16,6 milioni a 18,4 (11% in più)?! La stessa ITEA stima proprio in un 11% la perdita del beneficio economico dell’abitare nell’edilizia residenziale pubblica dal 2022 al 2023: si è ridotto di tantissimo il risparmio di spesa sul maggiore canone che gli inquilini dovrebbero altrimenti versare qualora prendessero in locazione un alloggio sul libero mercato, che sarebbe poi la funzione dell’edilizia pubblica. Un controsenso in questa fase storica di difficoltà delle famiglie! È evidente che gli aumenti dei canoni sociali legati agli aumenti ISTAT, e quindi all’inflazione esorbitante di questi anni, alla mancata indicizzazione ICEF, all’applicazione punitiva del canone di mercato quando scatta il provvedimento di revoca (e sappiamo che molte morosità sono incolpevoli causa “bollette impazzite” delle quali va accertata ancora la responsabilità) e a una quota marginale di riqualificazioni energetiche che porta a rideterminazione dei canoni hanno contribuito a questo importante aumento dei canoni di locazione, davvero fuori scala per l’edilizia popolare”.
Un altro dato da prendere in considerazione, incalza Zanella, è l’esplosione dei solleciti di pagamento e delle rateizzazioni, i primi passati da 1954 a 2611 e le seconde da 647 a 1696.
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