“Gli immigrati additati a priori come colpevoli”

Si complica l’indagine sulla presunta violenza sessuale subita da una giovane donna nella notte tra il 25 e 26 luglio scorso nei pressi del centro di prima accoglienza dei profughi a Marco di Rovereto. La donna aveva raccontato di essere stata aggredita da un uomo di colore, robusto e che parlava una lingua sconosciuta. Dopo la denuncia, le forze dell'ordine avevano prelevato il dna a tutti i richiedenti asilo presenti nella struttura della Protezione civile, che fin da subito si erano mostrati collaborativi.

Nei giorni scorsi alla Procura di Rovereto, sono arrivati i risultati dell'esame condotto dal Ris di Parma sui vestiti della vittima, sui quali non risulterebbe traccia di dna diverso da quello della donna: i campioni prelevati, insomma non hanno fornito alcun riscontro, “scagionando” di fatto i profughi.

Dopo la notizia, non si è fatta attendere la dura reazione di don Giuseppe Caldera, direttore del Centro diocesano Missionario che ha puntato il dito contro un’informazione superficiale. “Ancora una volta gli immigrati sono stati additati a priori come colpevoli”, ha risposta ad Antonella Carlin ai microfoni di radio Trentino inBlu. “Come Fondazione Migrantes e anche a nome di tantissime persone che lavorano in questo campo, esprimiamo il nostro sconcerto per il modo in cui si trattano le notizie e la gente che non può difendersi. Ora che siamo davanti a questo risultato, chiediamo a chi ha commesso questa criminalizzazione degli immigrati di rispondere immediatamente al grande pubblico trentino, giustificando questo modo di agire e ponendo le proprie scuse con lo stesso tono e la stessa evidenza con i quali è stata fatta la condanna”.

Don Giuseppe Caldera lancia il suo appello anche alla politica: “Bisogna lavorare sull'integrazione sui due fronti, aiutando chi arriva ma anche i residenti, aiutandoli a vedere nell'altro un proprio simile”.

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