“Si crei un ponte tra le persone che stanno ai margini e la città”
“Cercherò di aiutare gli operatori e i volontari a leggere con attenzione quello che avviene nel quotidiano. E mi adopererò perché si crei un ponte tra le persone che stanno ai margini e la città”. A dirlo è il gesuita padre Alberto Remondini, nella sua prima uscita pubblica da presidente della cooperativa Punto d’Incontro. Presidente della Fondazione Villa S. Ignazio e responsabile del Jesuit Social Network, la rete delle attività sociali dei gesuiti italiani, padre Remondini ha una lunga esperienza nel campo dell’emarginazione sociale e delle persone senza dimora. E’ stato presidente per molti anni dell’associazione San Marcellino di Genova che accoglie le persone senza dimora e presidente nazionale della Fiopsd, la federazione che coordina gli enti impegnati nell’accoglienza dei senza dimora. Proprio questo suo incarico gli fece conoscere don Dante Clauser, il compianto fondatore del Punto d’Incontro scomparso nel febbraio 2013.
Remondini – eletto all’unanimità dall’assemblea dei soci lo scorso 20 giugno – prende il posto di Vincenzo Passerini, il cui mandato triennale era scaduto il mese scorso.
Il presidente uscente Passerini, che continuerà ad essere vicino al Punto d’incontro da volontario, nell’incontro in cui padre Remondini si è presentato alla stampa, ha affermato con forza la necessità di offrire risposte nuove a fenomeni che sono in continuo cambiamento offrendo occasioni di inserimento e di lavoro alle persone e ha invocato una “forte regia dell’ente pubblico, finora assente”. “In questi tre anni – precisa poi ai microfoni di radio Trentino inBlu – abbiamo dovuto affrontare una recrudescenza della povertà. Ci sono tante persone che sono tornate al Punto d’incontro, dopo che erano riuscite a intraprendere un loro percorso autonomo. La povertà si è fatta cronica ed esige risposte nuove”. Nel 2013 al Punto di incontro si sono rivolte 1250 persone: un migliaio gli immigrati, gli altri 250 italiani. Sono 270 i pasti serviti al giorno.
La cooperativa fondata da don Clauser si è attrezzata puntando sulla sensibilizzazione nelle scuole, sulla formazione, tentando – grazie al sostegno dei privati – qualche apertura domenicale. “Ma lo sforzo – insiste Passerini – deve essere soprattutto quello di creare occasioni nuove di lavoro, di inserimento per tante persone che il lavoro ce l’avevano e l’hanno perso o non l’hanno mai avuto”. Il primo passo, afferma padre Remondini, è conoscere a fondo le caratteristiche più profonde delle persone che accogliamo, e da qui partire per intervenire. “Importante è fare in modo che le persone che vivono un disagio, che sono ai margini, e i cittadini possano avere un interscambio. Solo così potremo rendere migliore, più vivibile, più giusta la città”.
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