Una situazione dalla quale derivano diverse problematiche. Quali le più delicate che vi trovate ad affrontare?
Se da un lato si allunga l’aspettativa di vita, dall’altra c’è una domanda forte di qualità. La popolazione anziana chiede maggiore coinvolgimento e va trovato un giusto equilibrio tra partecipazione, cura famigliare e dinamiche sociali.
Inevitabilmente le fragilità riguardano anche le famiglie…
La famiglia, oggi, sta subendo uno scossone: in continua ricerca di equilibrio tra il tempo della vita e quello del lavoro, segnata dalla mancanze del lavoro stesso: fragilità, separazioni conflittuali e problematiche si riversano inevitabilmente in tutti gli ambiti nella società, dalla scuola alle relazioni…
Poi c’è il tema della sicurezza. I cittadini si sentono meno sicuri in una delle città più sicure d’Italia. Paradossale, no?
Quello della sicurezza è un tema che è stato predominante in questi anni, anche per la città di Trento. A mio parere è un po’sterile distinguere, tra sicurezza percepita o reale: oggi i dati e le classifiche non bastano più a rassicurare il cittadino che si rivolge all’amministrazione perché ha fiducia, perché rappresenta l’ente istituzionale più vicino. Potendo intervenire soltanto su una parte del problema, l’amministrazione deve “tirare per la giacchetta” le altre istituzioni, dal corpo della Polizia alla Provincia, per trovare, insieme, le soluzioni più efficaci per arginare fenomeni che presentano problematiche complesse – pensiamo, ad esempio, alle migrazioni o al traffico degli stupefacenti.. – e di rilevanza internazionale.
Nella fotografia della città che abbiamo appena scattato, resta importante il ruolo della Chiesa come collante, pensiamo alla Caritas con i suoi centri d’ascolto oppure al ruolo degli oratori.
Il rapporto con la Chiesa in tutte le sue diverse diramazioni è sempre stato fondamentale, soprattutto nella quotidianità, nell’operatività. Tenendo ben presente la differenza dei ruoli, della mission, in questi anni abbiamo cercato di lavorare in sinergia. Laddove abbiamo potuto esserci, abbiamo partecipato a tavoli condivisi di concertazione e discussione sui temi della povertà, della raccolta del cibo, dell’emarginazione. Il risultato è stato uno scambio davvero proficuo sulle problematiche concrete. Penso poi agli oratori come luoghi dove mettere in campo politiche di promozione e prevenzione, rivolte a giovani e ragazzi… Alcune realtà lavorano molto bene, sono funzionali, altre fanno più fatica per mancanza di risorse umane. Anche su questo fronte si potrebbero aprire nuove sinergie.
E il volontariato che spazi trova in città?
A Trento vedo un’attività di volontariato davvero importatissima. Come amministrazione cerchiamo di offrire il nostro supporto creando reti, momenti di formazione e mettendo in sinergia le attività che sussistono sul territorio. Noto tuttavia una certa preoccupazione del ricambio generazionale che si riscontra nelle nostre associazioni.
Ma è davvero così difficile coinvolgere i giovani?
Una volta ci si prendeva l’impegno e magari per tutta la vita si stava all’interno di una determinata associazione. Una sorta di vocazione… Oggi i giovani sono interessati a iniziative particolari, vogliono impegnarsi su più fronti e in diversi modi, vogliono poter scegliere senza imposizioni “dall’alto”. Di conseguenza vanno trovati nuovi modi per coinvolgerli e responsabilizzarli.
Trento e la sua dimensione universitaria. Come si superano i pregiudizi sui due fronti?
Gli studenti sono una grandissima ricchezza per la città di Trento. In questi anni ci si è domandati come riuscire ad abbattere il pregiudizio dei trentini verso gli universitari e, dall’altra parte, anche quello degli universitari verso la città. Città che magari è un po’chiusa, città che è sempre più anziana perché la nostra popolazione invecchia, non va dimenticato. Dei passi in avanti sono stati fatti: dal punto di vista istituzionale – penso ai tanti tirocini attivati, ai tanti spazi che offriamo ai giovani universitari in diversi – e non solo. Cito ad esempio il Festival Poplar, organizzato totalmente dalle diverse associazioni universitarie per farsi conoscere, per dire alla città, noi non siamo solo quelli dell’aperitivo, della festa, dell’happy hour, cercando di creare punti di contatto tra due mondi che appaiono incompatibili ma che in realtà possono trovare un equilibrio.
Nel corso del 2018 Trento ha ospitato diversi eventi di grande portata. Quale è stata la risposta della città?
Tra tutte, Adunata degli alpini e Festival dello Sport sono state due manifestazioni di eccezionale coinvolgimento popolare, molto apprezzate e seguite dalla gente. Al di là dei disservizi e dei disagi che ci possono essere stati, delle contrarietà, la risposta della città è stata largamente positiva.
Ricorrono quest’anno i dieci anni della morte di Chiara Lubich, nel 2020 si ricorderanno i cento dalla nascita. In cosa si ritrova oggi quella sua “Trento ardente”?
Il centenario sarà un momento importante per far conoscere e aumentare la consapevolezza attorno alla nostra concittadina che a Trento ebbe le prime intuizioni del suo carisma, che tanto risente delle caratteristiche culturali, storiche e religiose di questa città. Se per “ardente” si intende un rapporto più stretto, più fattivo collaborativo e positivo, fra le istituzioni, fra le varie realtà della città, forse qualche passettino si è fatto lungo quel cammino che Chiara Lubich ha indicato, nel solco di un percorso storico millenario di dialogo interreligioso, ecumenico e civile che è proprio della nostra città.
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