Il pericolo sta nel guardare all’Europa in un’ottica che non sa andare al di là degli aspetti economici, tecnici e politici
Ricordo la mia prima esperienza al Brennero “libero”. In pullman con un gruppo di ragazzi. Siamo passati liberamente, senza dover superare l’ostacolo del confine o della dogana. Ci sembrava impossibile. I ragazzi erano particolarmente allegri e contenti. Sperimentavamo una libertà inedita, più forte, più grande e quasi incredibile! Un respiro a pieni polmoni che ci faceva sentire proprio a nostro agio. Senza confini, senza limiti, finalmente!
In questi ultimi anni viviamo invece una fase di stanca, quasi l’Europa ci fa paura. E vediamo, in Italia e all’estero, che sorgono movimenti anti Europa. Perché? Si è posto questo interrogativo, nel 2004, il Cardinal Ratzinger (diventerà poi Papa Benedetto XVI nel 2005).
Articolata è la sua risposta, mettendo subito una premessa: bisogna avere una identità forte dell’Europa che abbia un futuro e per la quale possiamo impegnarci con tutte le forze.
Un primo elemento di questa identità non è nell’ambito economico o tecnico, ma in quello della globale concezione di vita: la dignità umana e i diritti umani come valori forti che in Dio hanno il loro fondamento ultimo. E da questi valori ne consegue la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà con la democrazia e lo stato di diritto.
Un secondo elemento: il matrimonio e la famiglia, una particolare comunione, orientata dall’amore, fra un uomo e una donna, aperta ai figli e alla loro educazione.
Un terzo elemento: la libertà religiosa con un rispetto sacro fra le diverse religioni (esse, colte con occhio positivo, possono rappresentare una fonte di ricchezza per il bene di tutti, mentre è invece il mondo senza Dio che non ha futuro).
Due anni prima papa Giovanni Paolo II auspicava che “alle nuove fondamenta della ‘casa comune’ europea non manchi il ‘cemento’ di quella straordinaria eredità religiosa, culturale e civile che ha reso grande l’Europa nei secoli”. Oggi il pericolo sta nel guardare all’Europa in un’ottica che non sa andare al di là degli aspetti economici, tecnici e politici, a modelli ispirati ad un consumismo indifferente ai valori dello spirito. La mission “comunità europea” è qualcosa di grande e bello e sarà possibile solo poggiando su pilastri solidi e ricchi di contenuto in grado di nutrire specie le giovani generazioni, assicurando loro motivi di forte fiducia in grado di dare speranza per un futuro migliore. Giovanni Paolo II intravede “un crescente bisogno di concordia, di solidarietà e di pace fra le nazioni: è questa infatti l’esigenza ineludibile di un mondo sempre più interdipendente e tenuto insieme da una rete globale di scambi e di comunicazioni, in cui tuttavia spaventose disuguaglianze continuano a sussistere”.
In tale situazione i giovani possono dare un peculiare contributo per l’edificazione di una vera comunità europea ove circolino i valori della reciproca accoglienza, della stima, del rispetto e allo stesso tempo sapendo dare e ricevere, nella consapevolezza che tutti abbiamo bisogno di tutti. I grandi ideali giovanili con il loro entusiasmo in grado di contagiare le folle provenienti da ogni parte potranno rappresentare quella forza nascosta e operante in grado di costruire una vera comunità europea dove tutti si sentano a casa e capaci di assicurare il loro insostituibile contributo.
Comunità europea: una casa nuova costruita specialmente dai giovani che credono in un futuro diverso. Il sogno Europa è iniziato ancora con Erodoto (484 – 425 a.C.): certo non siamo ancora arrivati, ma quello che è importante è camminare nella giusta direzione chiamata “comunità europea” assicurando tutti il proprio contributo, di pensiero e di opera.
mons. Umberto Giacometti
Direttivo Scuola diocesana per la Politica, l’Economia e il Sociale
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