Una coppia gay ha ottenuto al Tribunale di Trento il riconoscimento del legame genitoriale con due gemelli avuti in Canada attraverso maternità surrogata. “Una doppia disapplicazione delle norme italiane”, ha scritto “Avvenire”. Esultano le “Famiglie Arcobaleno”
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L'ordinanza della Corte d'Appello di Trento, datata 23 febbraio e resa nota il 28 da un sito di giuristi, ha destato clamore. Due uomini possono essere considerati padri di due bimbi nati all'estero grazie al ricorso alla maternità surrogata: lo ha stabilito la prima Sezione della Corte d'Appello di Trento in relazione al ricorso di due uomini che si erano rivolti al Tribunale dopo aver ottenuto diniego a trascrivere in un comune trentino i loro due nomi come padri dei due gemelli ottenuti sei anni fa in Canada grazie a procreazione assistita.
Secondo l'ordinanza in questo caso “c'è la sussistenza di un legame genitoriale” ed ha quindi valore anche in Italia il documento registrato presso la Corte Superiore canadese.
Il pronunciamento di circa 20 pagine, firmato dal presidente della Corte d’Appello Maria Grazia Zattoni, affronta il divieto della maternità surrogata in Italia affermando “l’assoluta indifferenza delle tecniche di procreazione cui si sia fatto ricorso all’estero, rispetto al diritto del minore al riconoscimento dello status filiationis nei confronti di entrambi i genitori che lo abbiano portato al mondo, nell’ambito di un progetto di genitorialità condivisa”. Aggiunge poi che “nel nostro ordinamento non c’è un modello di genitorialità esclusivamente legato al legame biologico” e “assume sempre più importanza a livello giuridico il concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare e accudire il feto”.
La sentenza, presentata come “storica” (in verità in gennaio c'era stato un pronunciamento simili della Corte milanese), non avrà subito efficacia perchè probabilmente essa sarà impugnata in Cassazione.
Fra i giudizi positivi, oltre alle “Famiglie Arcobaleno” che parlano di “diritto riconosciuto”, c’è la nota dell’avvocato Alexander Schuster, al quale otto anni fa i due uomini si erano rivolti come legale per il ricorso: “Così si attribuisce – ha scritto – pieno valore ed efficacia in Italia alla decisione canadese, Stato di cui i minori sono pure cittadini jus soli, rilevando l’illegittimità del rifiuto dell’ufficiale di stato civile di un comune trentino di aggiungere il secondo padre all’atto di nascita”.
Severi invece i giudizi da parte cattolica ma anche da parte di molti laici contrari alla maternità surrogata, “aggirata” da questa pronuncia. In un corsivo il quotidiano Avvenire scrive che “in un colpo solo la Corte trentina ha ignorato due limiti di legge – utero in affitto e adozione omosessuale – (anzi tre, considerando la forzatura della legge 40), permettendo al partner di una persona omosessuale di essere iscritto all'anagrafe come “secondo padre” di una coppia di bambini nati con maternità surrogata. “Una fuga in avanti” secondo il giornale cattolico che intravvede la strategia di “arrivare alla discussione decisiva sulla riforma dell'istituto dell'adozione con un carniere ben nutrito di senze favorevoli all'omogenitorialità”.
Fra le associazioni nazionali hanno preso posizione “Generazione Famiglia” (“I giudici di Trento legittimano mercato dei figli”) e Scienza % Vita con il presidente Alberto Gambino (“Giudici fin troppo creativi”). Fra le prese di posizione a livello locale i consiglieri di Civica Trentina Rodolfo Borga e Claudio Civettini osservano che la sentenza va a legittimare la maternità surrogata, “una pratica che costituisce una triplice forma di prevaricazione: dell’uomo nei confronti della donna, del ricco nei confronti del povero, degli adulti nei confronti dei bambini”. Anche l’on. Lorenzo Dellai è molto critico sul fatto che “secondo i giudici la volontà di cura prevale sul legame biologico”. “La volontà di avere un figlio diventa pretesa assoluta – continua Dellai – viene qualificato come diritto individuale e non come dono di valenza anche sociale; legittima una transizione paracommerciale con una donna/incubatrice – dietro pagamento o meno che sia – e tutto ciò prevale sul diritto naturale del bambino a nascere da un padre e da una madre”.
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