A Levico domenica lo scrittore Matteo Bussola presenta il suo ultimo libro

“Scoprire la profondità della tristezza di mio figlio, che ha solo quindici anni, è stato come trovare qualcosa in un posto in cui non me lo sarei mai aspettato. In cui proprio non dovrebbe esserci”. Bastano poche frasi per intuire la profondità e la bellezza dell’ultimo romanzo di Matteo Bussola, “La neve in fondo al mare” (Einaudi, 2024), che sarà presentato a Levico Terme domenica 18 agosto (ore 21) nella piazza della chiesa.

Scrittore, illustratore e fumettista, ha disegnato per tutte le principali case editrici italiane ed estere di fumetti. Nel romanzo che sarà presentato a Levico Terme all’interno della rassegna della biblioteca e della Piccola Libreria “Levico incontra gli autori”, Bussola si avvicina a uno dei legami più affascinanti, contraddittori e soggetti a mutamenti: il rapporto tra genitori e i figli al sopraggiungere della loro adolescenza.

Bussola sceglie un punto di osservazione straordinario: un reparto di neuropsichiatria infantile. Nel reparto viene ricoverato il sedicenne Tommaso, detto Tommy, dopo che ha ingerito troppe pastiglie per il dimagrimento: affetto da quasi tre anni da anoressia nervosa, il ragazzo non accetta il suo corpo e si chiude spesso in una dimensione di silenzio ostinato, alternato a poche risposte indifferenti, segno del suo rifiuto del mondo. Con lui c’è suo padre Caetano, per tutti Tano. Un padre e un figlio, in una stanza. L’uno di fronte all’altro, come mai sono stati. Ciascuno lo specchio dell’altro. Loro due, insieme, vicini e distanti.

Ci sono altri genitori nel reparto di neuropsichiatria infantile, altri figli. Adolescenti che rifiutano il cibo, o che si fanno del male, che vivono l’estenuante fatica di crescere, dentro famiglie apparentemente incapaci di riconoscere il loro tormento, di dargli un nome. E madri e padri spaesati, che condividono la stessa ferita, l’intollerabile sensazione di non essere piú all’altezza del proprio compito.

Matteo Bussola scrive un romanzo corale, che parla di tutti noi, del peso insostenibile delle reciproche aspettative, del corpo come portavoce dello strappo che è diventare grandi, del nostro inevitabile senso di inadeguatezza. Una storia luminosa sulla paura di deludere e sul tradimento che richiede diventare sé stessi.

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