La politica dopo le vacanze

Foto: Presidenza del Consiglio dei ministri

Sia pure con meno solerzia di certi tempi andati, la politica fra un poco andrà in vacanza per prepararsi ad un autunno non certo sereno. Il parlamento lavora ancora perché deve cercare di convertire importanti decreti in scadenza e perché in commissione alla Camera si sta cercando di dipanare la matassa della riforma sul premierato.

Nonostante la lunga fila di “audizioni”, dubitiamo che si riescano a sciogliere i nodi di un disegno di legge pasticciato.

Sotto traccia ci sono tentativi di accordo con esponenti critici, ma disponibili ad un confronto, solo che le numerose impuntature presenti nelle fila della maggioranza, così come la volontà delle opposizioni di scommettere sulla spallata referendaria non lasciano margini di manovra.

Tuttavia su questo terreno c’è la scappatoia di tirarla per le lunghe, in modo da non arrivare a connettere l’agitazione sul tema del premierato con quella ormai avanti sulla legge Calderoli per l’autonomia regionale differenziata (alcuni dei sostenitori della legge sperano che la Consulta non ammetta la possibilità del referendum, ma francamente le motivazioni che adducono ci sembrano molto da azzeccagarbugli).

Sarà, nonostante tutto, una ripresa giocata sul tema dell’immagine, più che su quello della realtà. La decisione che ci sarà alla ripresa sul posto da assegnare nella Commissione Europea al designato dal nostro governo si presterà per l’ennesimo dibattito sul successo o meno della Meloni in sede UE (e più in generale internazionale). Le valutazioni che già adesso si leggono sono così settarie, da una parte e dall’altra, da non meritare considerazione.

Altra questione su cui si scateneranno le interpretazioni sarà la proposta governativa per la legge di bilancio.

Si sa che ci sono necessità di una impostazione rigorosa come richiesto dalla nuova normativa europea, ma come e dove questo inciderà è tutto da vedere. Secondo alcuni interpreti il governo avrebbe a disposizione qualche risorsa in più del previsto che potrebbe consentirgli un po’ di spesa sociale, ma andrà verificato e comunque le opposizioni non mancheranno di denunciare che si doveva fare molto di più.

Questa battaglia di immagini, di cui vediamo già ampie anticipazioni sulla stampa radicalizzata fedele alle due parti (aggiungiamoci anche un po’ di talk show televisivi), sarà incrementata dalla presenza a metà novembre di tre importanti elezioni regionali: in Emilia Romagna, in Umbria e in Liguria. Sarà l’ennesimo test per valutare non solo lo scontro fra maggioranza di governo e opposizione, ma soprattutto per misurare la tenuta o meno dei vari partiti. Infatti sul primo terreno a stare alle previsioni attuali dovrebbe prevalere il centrosinistra: lo si dà per scontato in Emilia Romagna, pare molto probabile in Umbria dove la prova della attuale governatrice leghista è stata piuttosto deludente, è un’incognita in Liguria. Eppure sarà quest’ultimo caso a dare il tono a tutta la musica. Poiché si vota sull’onda della defenestrazione giudiziaria del presidente Toti, un episodio che non appare molto limpido, se il centrosinistra, che ha cavalcato l’onda proprocure, vincerà sarà un colpo per la maggioranza di governo, ma se invece riuscisse ad essere riconfermato un governo di centrodestra, ciò darebbe molta linfa alla pianta governativa.

Se inquadriamo tutto questo nel contesto di quel che sta succedendo nel mondo, è difficile sfuggire alla sensazione di una politica nostrana che è davvero, in senso tecnico, fuori dal mondo.

La situazione in Medio Oriente difficilmente giungerà ad una pacificazione ragionevole: il meglio che possiamo aspettarci, e non sarebbe poco, è che si riesca a stabilire un periodo di tregua. La guerra di Putin contro l’Ucraina non sembra avviarsi ad una qualche soluzione ragionevole, e ciò significa per il nostro Paese farsi carico di una posizione impegnativa in ambito Nato e UE. L’incognita delle presidenziali USA è nota a tutti. Non sappiamo a quale risultato approderanno, ma c’è da aspettarsi che chiunque vinca dovrà misurarsi con un paese spaccato, in cui i perdenti non legittimeranno i vincitori, i quali a loro volta vorranno rispondere sullo stesso terreno.

È un quadro preoccupante, perché, tanto per dire la cosa più banale, questa situazione si riverbererà sul quadro economico, cioè su un terreno in cui l’Italia ha non pochi problemi da risolvere. Farlo in un clima ancora più infuocato dell’attuale quanto a scontro fra opposti radicalismi non è quello che vorremmo augurarci.

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