Dalla pallavolo al nuovo di fondo, dal pattinaggio alla corsa. Quattro giovani atleti azzurri che si misurano quotidianamente con lo sport ad altissimo livello ci raccontano i loro sogni e ambizioni
Nell’era della catalogazione statistica qualsiasi cosa è un record, perfino il caldo si diverte a superare continuamente sé stesso. Un modo per riprendere la misura del termine è andarne al cuore, al significato, alle radici: per Treccani “record” è “il risultato massimo conseguito in un determinato sport, nelle condizioni stabilite per regolamento”. Una definizione semplice e precisa che ritroviamo nelle teste e sulle bocche di tantissimi atleti che ogni giorno si confrontano con questo pensiero, a un livello di competizione altissimo.
Dei grandi primati si è scritto e detto di tutto, le leggende hanno potuto esternare la loro gioia, esibire il proprio trionfo, confessarci i loro segreti e renderci parte dei loro sacrifici. Ma cosa passa nella testa dei giovani atleti? Come si approcciano al lavoro di tutti i giorni? È l’ambizione di stampare il nuovo tempo da urlo, inanellare un incredibile filotto di vittorie, che li fa muovere e faticare giorno dopo giorno, ripetitivamente ma sempre con determinazione feroce?
Abbiamo chiacchierato con Arianna Bridi (doppio argento mondiale a Balaton 2017 nel nuoto in acque libere), Yeman Crippa (bronzo europeo sui 10.000 metri piani a Berlino qualche mese fa), Raphaela Folie (pallavolista campione d’Italia con l’Imoco Volley) e Davide Ghiotto (portacolori della nazionale a Pyeongchang 2018 per il pattinaggio di velocità su ghiaccio e primatista italiano sulla distanza di 10000 metri).
Quattro atleti azzurri protagonisti del presente e promesse del futuro, che ci hanno fatto capire meglio cosa popoli la loro personale sfera semantica del primato. Provengono da sport diversi, è vero, ma le loro convinzioni sono comuni: il record non è qualcosa di assoluto, non è solo il tradizionale pass per l’immortalità sportiva, ma è soprattutto il superamento di sé stessi, degli ostacoli sul cammino, dei propri limiti.
Questo sia, come ci dice Davide Ghiotto, nell’ottica di mantenere un primato che già si detiene, lavorando con determinazione per limare la distanza dal record più importante (“L’obbiettivo, il sogno della mia carriera sportiva, sarebbe quello di avvicinarmi il più possibile al record mondiale e magari provare ad eguagliarlo”) sia, nella prospettiva di Raphaela Folie, che naturalmente da più importanza al collettivo (“Conta più migliorare sé stessi e superare i propri limiti per fare il tuo dovere per la squadra”).
Se il costante miglioramento di sé è quindi imprescindibile per l’atleta, è però altrettanto importante settare un obiettivo a cui la testa possa dedicare tutta la propria concentrazione, ed è lì che l’ambizione classica dello sportivo, la fame di chi compete, fa la differenza. “Quando ho un risultato in testa non sono soddisfatta finché non lo raggiungo. Se lavoro per vincere ed arrivo seconda non sono sazia. Se desidero applicare una tattica gara e non ci riesco non sono contenta”, ci dice Arianna Bridi. Parole che trovano conferma e sponda in quelle di Yeman Crippa: “In ogni gara che corro vorrei fare il record. Lavoro tutti i giorni per portare a casa il risultato più importante.”
Spazio infine ai sogni, grandi e ambiziosi come devono essere. Se Raphaela Folie aspira alla vittoria di 5 scudetti, attuale primato italiano, Davide Ghiotto ha il sogno proibito di battere il record dell’ora, fratello meno conosciuto di quello ciclistico e impresa impegnativa e dispendiosa sia in termini economici che di pura forza atletica. Yeman Crippa, fin da piccolo ispirato da Mo Farah, lavora per superare se stesso ma non vede l’ora di sgretolare quanti più record europei possibile. Arianna Bridi, infine, ci racconta che nel suo sport non sono previsti record cronometrici, ma che “ha una grande impresa personale da svelare e compiere a tempo debito”. Intanto vi consigliamo di annotarvi questo appuntamento: Tokio 2020.
Il futuro sportivo, trentino e italiano, è già tra noi e non ha intenzione di nascondersi.
Leonardo Tosi
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