Consentono di ottenere piante migliorate senza ricorrere al trasferimento di geni estranei alla specie (Ogm). La Fondazione Mach sarebbe in grado di applicarle, ma i soldi sono riservati agli istituti di ricerca statali
Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha stanziato 21 milioni di euro per il finanziamento di un progetto di ricerca pubblica che riguarda il miglioramento genetico vegetale ottenuto con biotecnologie definite sostenibili. Il piano è articolato su tre anni e la regia dell’operazione sarà gestita dal CREA, Ente nazionale cui fanno capo tutti gli istituti sperimentali e di ricerca che dipendono dal Ministero.
Il tratto essenziale che caratterizza queste biotecnologie sostenibili è dato dal risultato finale: i prodotti cisgenici ottenuti, non essendo realizzati con inserimenti estranei a quelli propri della specie, sono del tutto simili alle piante ottenute per incrocio tradizionale.
Una tecnologia che la rivista scientifica “Nature” ha definito la più rivoluzionaria in campo biologico dopo la PCR, quella che consente di moltiplicare le molecole di DNA. Il genome editing permette di cambiare le basi del DNA un po’ come facciamo correggendo le parole di un testo al computer. Grazie all’impiego di enzimi si ottengono nel DNA della pianta mutazioni mirate che sono indistinguibili da quelle che potrebbero avvenire in natura.
Le colture coinvolte nel progetto triennale sono: vite, olivo, pomodoro, pesco, albicocco, agrumi, frumento, melanzana, melo, ciliegio, pioppo.
Il progetto rappresenta un inatteso salto epocale rispetto alla chiusura pressoché totale nei confronti della genomica applicata (prove di campo) decretata dal Ministro dell’agricoltura Pecoraro Scanio nei primi anni 2000. Lo stesso che condivideva l’atteggiamento ostile nei confronti della genetica innovativa della deputata verde al Parlamento europeo, Hiltrud Breyer, autrice di un libretto fuorviante dal titolo “I geni del male, dati e riflessioni sull’ingegneria genetica” intesa come pericolo per l’uomo e la natura.
Mario Perotti, del Dipartimento di biotecnologie dell’Università di Verona su l’Informatore agrario numero 3/2016 plaude all’iniziativa del Ministro Maurizio Martina e ricorda che il MIPAAF alla fine degli anni ’90 aveva finanziato il progetto “Biotecnologie” con 12 miliardi di lire e nei primi anni 2000 il progetto “Agronanotech” con 5 milioni di euro. Entrambi i progetti hanno avuto il grande merito di sviluppare nei laboratori di CREA, CNR , ENEA e Università le competenze necessarie per mantenere eccellente e competitivo internazionalmente il livello scientifico dei ricercatori italiani. L’Italia purtroppo non è stata poi capace di trasferire le innovazioni varietali prodotte in questi progetti-legge perché agli scienziati non era consentito il trasferimento in pieno campo delle piante migliorate ottenute in laboratorio.
Da quanto detto si evidenzia che esiste una sostanziale differenza tra le piante migliorate con le nuove tecnologie e quelle ottenute mediante il trasferimento sul DNA di riferimento di geni provenienti da specie diversa vegetale o animale (Ogm).
Alla Fondazione Edmund Mach di S. Michele le ricerche finanziate dalla Provincia di Trento e da altre fonti esterne hanno consentito il sequenziamento dei genomi di melo, pero, vite e fragole. I lavori dei ricercatori sono andati anche molto oltre. Si sono fatti grandi passi in avanti nella scoperta del rapporto tra singoli geni e loro manifestazione esterna a livello di resistenza alle malattie, potenziamento delle proprietà salutistiche e nutraceutiche, adattamento ai cambiamenti climatici, ecc.
La tecnica del PCR ha consentito inoltre di identificare su singoli tratti di DNA dei marcatori molecolari che consentono la rapida identificazione dei geni interessanti e quindi il risultato raggiunto mediante incrocio. Il finanziamento del Ministero è però destinato solo agli istituti statali. Pare che S. Michele non potrà quindi fruirne a meno che La FEM non venga coinvolta per meriti scientifici riconosciuti.
Giova ricordare che negli anni ’90 il prof. Silverio Sansa vini dell’Università di Bologna, ma vicino ai ricercatori trentini, era riuscito ad ottenere con la tecnica della cisgenesi una mela Gala resistente alla ticchiolatura. Il divieto di valutarla in campo ne ha precluso l’utilizzo. Anche il prof. Francesco Salamini su “Spazio Rurale” numero 1/2006 auspicava dal Ministero il via libera alla cisgensi.
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