Il FAI apre a Trento la restaurata l’Aula del Simonino

L’Aula del Simonino, Foto Luca Chiaudano 2024 (C) FAI

È stata inaugurata oggi a Trento dal FAI- Fondo per l’Ambiente Italiano l’Aula del Simonino, finora nota come Cappella del Simonino, situata all’interno di Palazzo Bortolazzi Larcher Fogazzaro, in Via del Simonino, in pieno centro storico.

Lo spazio è stato lasciato per testamento al FAI nel 2018 da Marina Larcher Fogazzaro perché fosse restaurato e valorizzato, e la Fondazione ha voluto onorare questo generoso gesto aprendo al pubblico, da oggi in maniera regolare (dal mercoledì alla domenica, dalle 10 alle 18), un nuovo Bene, che si aggiunge ai 55 già visitabili tra i 72 posseduti e gestiti in tutta Italia dalla Fondazione, tra cui il Castello di Avio nella stessa regione.

Grazie al lascito della donatrice, e con ulteriori contributi, il FAI ha eseguito i lavori di restauro: dapprima sulla facciata del Palazzo, scoprendone le finestre quattrocentesche e restituendo colore e leggibilità alle figure e alle iscrizioni dipinte nel Settecento; poi anche all’interno, dove si conservano ben più ampi coevi affreschi, e nello spazio absidale, tra due piccole stanze con funzione di sacrestia, dov’è l’originario altare, con decorazioni architettoniche e scultoree in marmi policromi di stile barocco. L’interno è stato anche riallestito per realizzare un progetto di valorizzazione culturale inedito e originale, che consiste in un “racconto sonoro” dedicato alla vicenda del piccolo Simone da Trento, che sarà qui fruibile in maniera permanente. Il pubblico, seduto su panche lignee come quelle di un coro, ascolterà al buio, in cuffie wireless, concepite per offrire un audio di elevata qualità, una narrazione di circa 20 minuti, informativa, didattica, ma anche di grande suggestione e con particolare effetto immersivo, ideata e curata dal FAI, affidata alla voce dell’attrice trentina Daria Deflorian e prodotta da Chora Media.

Qui, infatti, dov’era la sua casa natale – come chiarisce l’iscrizione in facciata -, si trovava nel Settecento, e probabilmente ancor prima, la “Cappella del Simonino”, cioè Simone Lomferdorm, un bambino di poco più di due anni, trovato morto il 24 marzo del 1475 nel fossato di una casa lungo l’Adige di proprietà di un ebreo, e protagonista suo malgrado di una incredibile storia di antisemitismo, intolleranza religiosa e ingiustizia, che merita di essere ricordata e raccontata.

Le autorità cittadine di allora, infatti, in nome di uno storico odioso pregiudizio antiebraico, alimentarono la falsa credenza dell’omicidio rituale, ovvero accusarono gli ebrei di aver ucciso il bambino per ricavarne il sangue da usare nel rito della Pasqua. Il piccolo Simone divenne così, fin da subito, un martire cristiano, e poi ufficialmente un beato, popolarissimo destinatario di un culto vero e proprio, con luoghi deputati, come questa ex Cappella, processioni annuali e un campionario di immagini sacre diffuse in tutta Italia. La piccola comunità ebraica trentina, invece, fu ingiustamente accusata, processata, sommariamente giustiziata dopo atroci torture e condannata a morte, drammaticamente perseguita e infine espulsa da Trento, dove non ha fatto ritorno per cinquecento anni. Solo nel 1965, a seguito di una revisione scientifica del processo, che ha ribaltato la sentenza di colpevolezza degli ebrei, con un decreto papale il culto del Simonino è stato soppresso, e sono state ordinate la rimozione delle spoglie del bambino dalla Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, la cessazione di ogni celebrazione, e la chiusura delle cappelle, compresa questa donata al FAI; solo nel 1992, infine, gli ebrei hanno fatto ufficialmente ritorno a Trento, come ricorda una targa apposta dal Comune. Dal 1965, pertanto, questo non è più un luogo di culto, ma è comunque un luogo di grande valore culturale: non solo per l’architettura e la decorazione, ma soprattutto perché è la testimonianza imperdibile di una storia che rappresenta una pagina buia del nostro passato, e che proprio per questo, a maggior ragione, deve essere conservata e raccontata, per tramandare la memoria di ciò che è stato, e non deve più essere.

È questo il motivo per cui il FAI ha deciso di riaprire da oggi questo luogo con una nuova funzione: educare i cittadini di oggi e soprattutto di domani, cioè i giovani delle scuole, cui è primariamente destinato. Ecco perché si chiama “Aula” del Simonino: perché vuole essere come un’aula scolastica, ma fuori dalla scuola; uno spazio aperto e disponibile agli insegnanti delle scuole di tutto il Trentino e non solo, perché trovino, a partire dall’ascolto di questo racconto, che testimonia una tragica vicenda di antisemitismo storico, l’occasione di far riflettere, confrontare e discutere i ragazzi su temi ancora, e in particolare di questi tempi, di assoluta attualità: dall’intolleranza religiosa, che ancora causa guerre, vicine e lontane, al potere micidiale e distruttivo che hanno pregiudizi e falsità nel seminare odio, che si esprime ancora sul campo di battaglia, ma anche più semplicemente sul web, nella violenza contro l’altro, solo perché sconosciuto o diverso. La cultura è l’antidoto, ovvero la conoscenza della verità, della storia e dell’altro, e la missione del FAI è proprio educare alla conoscenza attraverso i luoghi del patrimonio culturale dell’Italia che custodiscono storie suggestive e significative: istruttive come questa.

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