La struttura svolge un ruolo strategico all’interno dell’Unità protezione delle piante. Fornisce la materia viva per saggiare l’efficacia e gli effetti collaterali di fitofarmaci prima dell’autorizzazione
Da un seme sano e selezionato può nascere un albero con molti rami e frutti copiosi. Nel 1986 Diego Forti, docente di entomologia all’Istituto agrario di S. Michele all’Adige, ha messo in piedi un laboratorio di difesa delle piante. All’epoca era direttore dell’istituto il prof. Attilio Scienza che sosteneva ed incentivava la figura di docente ricercatore. Forti ebbe così l’autorizzazione ad assumere alcuni giovani appassionati della materia, alcuni dei quali poterono trascorrere dei periodi di specializzazione presso istituti di ricerca europei. Primo fra tutti la Stazione federale di ricerche agronomiche di Changins (Svizzera) dove lavorava il prof. Mario Baggiolini, fondatore e promotore della produzione agricola integrata.
Qualche anno dopo è entrato nel gruppo anche Gino Angeli, attuale responsabile dell’Unità protezione delle piante che nel 2004 ha ottenuto dal Ministero competente l’autorizzazione a istituire e gestire all’interno dei laboratori di fitopatologia un centro di saggio per fitofarmaci.
L’allevamento di insetti ed acari (artropodi) ebbe fin dall’inizio un ruolo strategico e fu gestito da Romano Maines fino al 1990, anno in cui l’incarico fu affidato a Sofia Monica. Nei tre anni precedenti la giovane aveva frequentato l’Istituto professionale agrario conseguendo il diploma di esperto frutticoltore. Il prof. Forti aveva avuto modo di conoscere e apprezzare la sua attitudine al lavoro pratico di laboratorio e la passione per l’entomologia. Figlia di una famiglia di frutticoltori di Cles, non avendo intenzione di proseguire gli studi, fu accolta, su richiesta del padre, nel gruppo di lavoro del prof. Forti. L’assunzione nel ruolo di allevatrice di farfalle era prevedibile. Doveva però imparare le tecniche di allevamento. Per questo fu mandata per un mese a Changins e negli anni successivi le fu data possibilità di ripetere più volte l’esperienza di lavoro fuori sede.
I segreti del mestiere, integrati da una spiccata capacità di inventiva personale, furono presto messi a frutto per risolvere positivamente una situazione difficile. Negli anni 2000 in Trentino si faceva largo uso di un prodotto insetticida denominato Insegar a base di fenoxycarb prodotto e commercializzato dalla Shell. Era attivo contro tutti i lepidotteri e agiva diversamente dagli altri insetticidi. Interferiva infatti sullo sviluppo delle larve delle quali impediva o ritardava la successione delle mute. L’insetto rimaneva costrittivamente giovane, fino a morire per mancato sviluppo. All’ordine dei Lepidotteri appartiene anche il Bombyx mori (baco da seta) che l’Università di Padova stava reintroducendo in provincia di Rovigo. Dal Veneto arrivò a S. Michele l’invito a studiare gli effetti collaterali dell’Insegar. Irrorato sui meli di Romagnano il prodotto veniva trasportato dal vento al confine col Veneto e forse anche oltre. Per questo le larve del baco da seta non riuscivano più a completare il loro sviluppo. Un rapporto dettagliato e documentato inviato al Ministero della sanità portò al ritiro dell’Insegar dal commercio.
Attualmente Sofia Monica lavora nel laboratorio allevamento artropodi insieme a Serena Chiesa. Giustamente il dirigente dell’Unità operativa, Gino Angeli, dice che gli obbiettivi generali di questa attività sono gli stessi da quando prese avvio, ma nel frattempo diverse cose sono cambiate, anche relativamente a nuove specie di fitofagi e di fitofarmaci comparsi nel frattempo.
Sofia Monica fornisce alcune informazioni sul suo lavoro. Tra i lepidotteri (farfalle) sono in lista di allevamento la tignola e la tignoletta dell’uva. La seconda è più richiesta da centri di ricerca e università nazionali ed europee. A seguito dell’applicazione sempre più diffusa della confusione con feromoni di sintesi, la tignoletta si trova più difficilmente in campagna e deve essere allevata. La tignola è richiesta solo dai centri dell’Europa del Nord. La carpocapsa è sempre disponibile e non serve allevarla. Tra gli acari le specie allevate più di altre sono l’Ambliseius andersoni (predatore) e il Tetranychus urticae (fitofago). Il primo serve per studiare gli effetti collaterali di diversi fitofarmaci in prova o per essere diffuso nell’ambiente. Il secondo si utilizza come cibo per l’Ambliseius in sostituzione del polline. La preda viva rende infatti più feconde le femmine. Per imparare ad allevare la Drosofila suzukii Sofia Monica ha soggiornato all’Università di Innsbruk dove si alleva la Drosofila melanogaster (moscerino dell’aceto). Anche la mosca mediterranea della frutta è entrata recentemente nell’elenco. Serve ad una collega per la tesi di dottorato.
Il recapito agli acquirenti degli insetti e acari allevati è fatto di persona. La spedizione è spesso resa difficoltosa o impossibile da disposizioni e provvedimenti che fungono da barriere fitosanitarie.
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