Resta aperta la scommessa di don Lauro

Raro di questi tempi aprire lettere che non siano di natura strettamente informativa. I nostri consueti scambi di parole stampate sempre meno toccano la profondità di un contenuto che riesca a entrare dentro, suscitare emozioni, svelare misteri o dire qualcosa di vitale. Eppure la Chiesa continua ad utilizzare questo antico metodo per far sentire il calore di un messaggio che vorrebbe riguardare le cose che contano, quelle che ci permettono di guardare più in là, di fidarci una volta ancora, di aprirci alla gioia.
Con questa consapevolezza ho aperto la nuova Lettera che don Lauro ha scritto alla comunità trentina in occasione della solennità di san Vigilio e per una volta vorrei lasciar parlare il cuore nel tentare di farla risuonare, di rispondere, come a un dono.

La scommessa che vale la fiducia, scrive don Lauro, è quella che ha fatto il Padre sull’umano: ha desiderato che la sua comunione trinitaria aprisse un varco accogliente e percorribile in Gesù. Da quell’evento, a cui anche io sono invitata ad accordare la mia fiducia, capisco che molto può rimanere uguale o cambiare. Una via verso Dio si è aperta.
Non spetta a me giudicare se siano molti o pochi, degni o meno quelli che oggi la stanno ancora percorrendo, importa che ci sia. Tutto è accaduto in una piccola storia, bizzarra e ferita come la nostra, e ha scelto lo stile della mitezza. Allora, come oggi, alcuni gli hanno creduto, altri no.

La mitezza di Gesù ci ha fatto intuire la mitezza di Dio. La sua vita nascosta e marginale mi offre una prospettiva diversa da cui guardare progetti, successi e fallimenti personali, comunitari e globali. Che cosa è centrale e che cosa perde importanza alla luce dello sguardo mite di un Dio che ha scelto di non imporsi, ha accettato che il male entrasse nel suo cuore fino a spaccarlo, ha pagato con la morte in croce il prezzo della vittoria?

La vita nascosta di Gesù interroga questo tempo in cui tendenzialmente esiste solo ciò che è ostentato, basta ciò che appare, vale di più ciò che scredita l’altro piuttosto di ciò che edifica tutti. Nel nascondimento di Nazareth ogni piccolo particolare della vita può assumere o perdere importanza: è grande il piccolo, l’ultimo vale ancora, risorge il crocifisso, l’oscurità illumina e si può ancora sperare in un aiuto.

In questo nascondimento trovo un posto anche per me, per la mia umanità talvolta stanca e impaurita.

C’è un altro aspetto della mitezza di Gesù che mi dà speranza: la sua non è stata solo una virtù. Don Lauro ci scrive che si è generata nella relazione filiale con il Padre per mezzo dello Spirito Santo. La mitezza della santità non è solo uno sforzo, un tentativo di essere migliori. Come il respiro, prima riceve e poi restituisce, entra ed esce. Prende aria nella profondità di una fede che si lascia muovere dal soffio creatore di Dio che abita il cuore di tutti. Lo Spirito continua ad esserci donato e teme solo la presunzione di chi rinuncia a respirare. Con questa fiducia sento che il grosso del lavoro in ogni circostanza comincia con un movimento ospitale: accettare che tutto sia in evoluzione, mollare il controllo, ascoltare, lasciarmi interrogare nella relazione con l’altro, cedere il passo, non temere di stare dietro e di sparire quando è necessario.

Lo Spirito Santo è una forza misteriosa che anima la vita, che muove il mondo, che sa intrufolarsi nelle fessure e nelle ferite, lì dove lo si lascia entrare, lo si invoca, lo si crede. Lo Spirito Santo è maestro di comunione, guarisce l’anima, ridona dolcezza, ci aiuta a tornare gentili. Perché disperare? Al mite Gesù non è bastato di rimanere nella comunione con il Padre e con lo Spirito. Nel corso della sua esistenza terrena ha voluto essere accompagnato da uomini e donne che ha chiamato amici e ai quali ha chiesto di vivere con lui, di lui e come lui, di seguirlo sulla strada verso la Vita.

La mitezza di Dio ha un carattere sinodale e non teme le distanze, nemmeno quelle tra l’umano e il divino. Gli amici di Gesù circolano ancora, respirano l’amore nei fratelli e nella comunione ecclesiale. Sanno perdere e ricominciare. Si riconoscono dalla gioia che diffondono nel cercare di fare le cose assieme. Don Lauro ce ne presenta alcuni del passato e del presente, vite che sanno di Vangelo, compagni di traversata nelle tempeste. Sono loro adesso a ricordarmi che la scommessa è ancora aperta.

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